Non è sufficiente che l’atto di appello manifesti una volontà latu sensu impugnatoria, perché sia ammissibile e neppure sono sufficienti “frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche”, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento “attaccato”

La vicenda

La Corte d’appello di Napoli aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta, per insufficiente specificazione dei motivi dell’atto di appello e, per l’effetto aveva ordinato l’immediata esecuzione della sentenza di condanna.
Ma per la difesa tale giudizio era errato posto che “se alla specificità non c’è limite, a quale livello si deve collocare l’asticella della determinatezza”?
Ed ancora, -si domandava il ricorrente -, “fermo restando che la generica affermazione di una sentenza ingiusta e di una decisione errata, non è in grado di individuare l’oggetto del giudizio d’appello, qual è l’elemento che consente di ritenere specificato il rapporto tra motivo e richiesta”?
Temendo che lo strumento dell’inammissibilità potesse diventare “di fatto” un mezzo anomalo per la deflazione dei carichi di lavoro, soprattutto nelle Corti d’appello con un notevole ruolo di cause, la difesa osservava come, nel caso di specie, erano stati pienamente rispettati tutti i requisiti previsti dal codice di rito in materia di impugnazioni.
Invero, nel ricorso difensivo, chiedevano al giudice di secondo grado di applicare la pena nel minimo, riconoscendo l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Il gravame, in altre parole, era stato fondato sul rilievo che il primo giudice avesse irrogato una pena eccessiva, violando il principio di proporzionalità della sanzione, per non aver preso in considerazione gli elementi di cui all’art. 133 c.p.

Il giudizio della Cassazione

Ma anche per i giudici della Cassazione, l’appello era inammissibile; e, quanto agli interrogativi posti dal difensore dell’imputato, così rispondono: «è il caso di ricordare che la questione del tasso di specificità dei motivi di appello, ai fini dell’esercizio dei poteri conferiti al giudice dell’impugnazione di dichiarare l’inammissibilità del gravame per genericità dei motivi, è stata esaminata dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione che, con la sentenza Galtelli, hanno impartito un chiaro insegnamento in proposito, tanto più illuminante in quanto parametrato alla disciplina processuale ratione temporis vigente».
In proposito, le Sezioni Unite hanno espresso il principio secondo il quale l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato.
La specificità dei motivi trova fondamento nel fatto che essi non sono diretti all’introduzione di un nuovo giudizio, avulso da quello di primo grado, ma sono invece, diretti ad attivare uno strumento di controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni della decisione impugnata, con la conseguenza che deve sussistere una necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione.
Con la conseguenza che non è sufficiente, ai fini della valutazione di ammissibilità, che ai motivi di appello vengano aggiunte «frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento “attaccato” e l’indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito».

Non basta la mera volontà impugnatoria!

Detto in termini ancora più espliciti, affinché un capo della sentenza possa ritenersi validamente impugnato, non basta che l’atto di appello manifesti una volontà latu sensu impugnatoria, come la difesa sembrava ritenere, ma occorre esso si confronti concretamente con il capo o il punto impugnato mediante la stesura di precise e puntuali argomentazioni che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, puntino a disarticolarne il fondamento logico-giuridico.
Si tratta di un principio di diritto confortato dall’attuale assetto normativo, modificato dalla legge n. 103 del 2017, richiedendo che l’atto di impugnazione contenga, a pena di inammissibilità, l’enunciazione specifica di tutti i requisiti indicati nell’art. 581 c.p.p.
Nel caso in esame, di contro, il ricorrente si era del tutto disinteressato, con l’atto di appello, delle ragioni che avevano indotto il Tribunale a quella decisione.
Per tali motivi non poteva che derivarne la sua inammissibilità.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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