Le buone CTU sono basate su percorsi in cui ai colloqui clinici si affianca anche l’utilizzo di test di personalità, altrimenti è solo arbitrarietà del CTU

In questi tempi di castronerie, sull’essere umano e sulla presunta “misurabilità” della sua psiche, se ne dicono a bizzeffe. Mi viene in mente quando si invocano orde di psicologi che dovrebbero “testare” gli insegnanti e decretare una loro idoneità o meno al ruolo che si accingono a svolgere. Ma la psiche, ancor più il versante inconscio, scivola via, non si fa prendere, guizza e sfugge alle regole del buon senso in cui 2+2 fa 4.

Quante volte, in casi di separazione, sentiamo dire “ma lui/lei non era così quando ci siamo sposati!”, ebbene nella vita possono accadere avvenimenti che ci fanno crollare, abbattono le nostre difese e si viene fuori come completamente diversi e sconosciuti a se stessi e agli altri.

Riassumendo: il fatto che un determinato docente risulti idoneo all’insegnamento in un momento “X”, non vuol dire che sarà sempre idoneo. Al tempo “Y” potrebbe non esserlo!

La fallacia del discorso lineare e causale applicato alla psiche vale per tutti e per tutti gli ambiti, ma forse il suo trionfo lo troviamo nell’ambito delle C.T.U. e perizie. Ebbene sì, quando vi è la nomina di un esperto chiamato a valutare le competenze genitoriali si possono osservare maldestri tentativi di quantificazione della personalità dei malcapitati con conseguente giudizio sulla genitorialità.

In tale ambito lavoro sia come CTU (quindi esperto nominato da un giudice), che come CTP quindi consulente di una parte, pertanto mi diverto ad osservare le dinamiche di questo mondo lavorativo.

Ultimamente mi è capitato un CTU che ha lavorato in maniera del tutto arbitraria, non audioregistrando né videoregistrando gli incontri, somministrando questionari sulla genitorialità (non raccomandati dalla letteratura scientifica) e aggrappandovisi come se fossero le “tavole della Legge”, ricostruendo in modo del tutto arbitrario quanto detto dalle parti e, errore gravissimo, non osservando mai il nucleo familiare in interazione. Come ciliegina finale, il CTU ha consegnato (nemmeno entro i termini ma a ridosso dell’udienza del procedimento) solamente la sua relazione e i questionari somministrati, fornendo un ulteriore assist per chiedere la totale nullità di un lavoro così maldestro.

Concludo questo breve articolo, tanto sulla materia ci ritornerò, semplicemente per sottolineare che chi ha una preparazione clinica valida lavora in tutt’altra maniera.

Credo che le CTU vincenti, ben articolate, siano quelle rappresentate da un percorso in cui ai colloqui clinici, sia individuali che di gruppo, si affianchi “anche” un sapiente utilizzo di test di personalità (non parlo di questionari usa e getta ma di quei test che di solito richiedono una scuola di specializzazione biennale),  ma è soprattutto la bravura clinica di chi conduce la CTU a dare un taglio logico a tutto questo lavoro.

Nelle CTU non bisogna avere fretta, meglio una proroga che una conclusione affrettata, come in tutto l’ambito clinico non bisogna avere pregiudizi, nulla è come sembra e bisogna avere l’umiltà e la responsabilità di ricordarsi che si sta trattando con persone, famiglie e che le nostre parole, oltretutto scritte, andranno a incidere sulle loro vite. Quindi ci vuole un bel po’ di prudenza aristotelica.

Non nego che ogni volta che sto per iniziare un colloquio per una CTU o una CTP ho una lieve ansia, sono chiamata a valutare e mi rendo conto non solo dell’importanza della questione ma anche delle ricadute che avrà. La mia più grande soddisfazione? Sapere di aver lavorato in maniera intellettualmente ed eticamente onesta. Mi chiedo come si sentano, invece, tutti quei CTU alla “Don Abbondio” trincerati nella loro leggerezza, superficialità e miopia.

 

Dott.ssa Rosaria Ferrara

(Psicologa forense)

 

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