Operata a un arto sano e malata di Parkinson, una 65enne è deceduta per una serie di errori a catena. Assolti quattro medici coinvolti

Sono stati assolti quattro medici nel procedimento per la morte di Luigia Caterina Spinella, 65enne malata di Parkinson e deceduta all’Ospedale di Santorso, nell’alto Vicentino, il 5 maggio scorso.
La donna era ricoverata alla casa di cura Muzan di Malo. Tra il 27 e il 28 febbraio scorso è caduta per due volte, fratturandosi il femore destro. A quel punto, il medico della struttura Daniele Trevisan chiede di sottoporla ai raggi, ma lì il tragico errore. Il medico sbaglia gamba indicando la sinistra, innescando un’inevitabile sequela di fraintendimenti clinici che condurranno a un’operazione all’arto sano.

Il prof. Raffaele Giorgetti, medico legale e in questa indagine consulente della Procura di Vicenza, censurando il comportamento del dr. Trevisan, ha chiamato in causa anche l’operato dell’ortopedico Alberto Gasparella.

Quest’ultimo era in servizio all’ospedale di Santorso e consulente della Muzan.
“L’errore – scrive Giorgetti – è poi stato ripetuto dall’ortopedico che ha prescritto il carico completo pur in presenza di una evidente localizzazione traumatica a destra e un referto radiologico negativo per l’anca controlaterale”.
Il medico legale, inoltre, solleva il dubbio che Gasparella non abbia svolto la visita e abbia prescritto il “carico completo“ solo in base al referto negativo. Dopo la morte della signora Spinella, la famiglia ha presentato un un esposto con l’avvocato Daniele Accebbi per chiedere la verità. A quel punto, il magistrato ha incaricato Giorgetti di eseguire l’autopsia, dopo avere messo sotto inchiesta per omicidio colposo oltre a Trevisan e Gasparella ,anche il medico di guardia di Malo, Sara Dalla Costa, l’altro ortopedico operante Giovanni Sambo, l’anestesista Vincenza Lotito e il geriatra Gianpaolo Marchetti.

Ma a seguito delle indagini, sono stati assolti quattro medici: Dalla Costa, Sambo, Lotito e Marchetti sono stati ritenuti estranei agli errori che avvennero a partire dalla fine di febbraio.

Il prof. Giorgetti, inoltre, ha sottolineato che nella assistenza prestata alla Spinella ci siano state lacune, se per due volte la donna è caduta e si è procurata la grave frattura. Grave anche perché avrebbe dovuta essere operata nell’arco delle prime 48 ore, evitare quelle complicazioni che possono portare anche alla morte.
Sì, perché un altro dei passaggi critici, al di là dell’errata indicazione del dr. Trevisan su quale arto operare, sono stati i dieci giorni di tempo trascorsi tra la frattura e la decisione di intervenire.
Un’attesa ritenuta ingiustificata e incompatibile con la gravità della condizione della donna. Tanto più che i familiari di Spinella in più occasioni avevano sollecitato i sanitari a intervenire perché la donna si lamentava molto del dolore. E la gamba, destra, si ingrossava sempre di più.
Pertanto, se sul piano penale anche la posizione di Trevisan e Gasparella all’atto del processo potrebbe uscire ridimensionata, sul piano contrattuale e risarcitorio, la posizione della casa di riposo Muzan appare più complessa. Proprio per le criticità evidenziate dal medico legale nella sua consulenza.
 
 
 
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