Per i super periti nominati dal gup non è possibile stabilire l’esistenza di un nesso causale tra l’operato del medico e il decesso di un bimbo morto dopo aver sbattuto la testa in casa

Il Giudice per l’udienza preliminare di Marsala ha prosciolto dall’accusa di omicidio colposo un pediatra di 58 anni. Il professionista era finito sotto indagine per il decesso di un bimbo morto dopo aver sbattuto la testa, all’età di appena tre anni.

Il fatto risale all’aprile 2016. Il piccolo ha perso la vita dopo quattro giorni di agonia presso l’Ospedale Villa Sofia di Palermo. Era caduto in casa giocando a pallone. Alla base della tragedia un trauma cranico con conseguente emorragia cerebrale..

L’accusa aveva chiesto il rinvio a giudizio del medico. Secondo il Pm e i consulenti della Procura, il pediatra avrebbe agito con imprudenza, sottovalutando le conseguenze della caduta. Il medico, infatti, dopo aver visitato il bambino, consigliò un’osservazione domiciliare, anziché il ricovero in Ospedale.

A contrastare tale tesi è sopraggiunta la testimonianza di due periti, nominati dal gup.

Si tratta rispettivamente del Direttore dell’Istituto di Medicina legale di Genova e del responsabile di Neurochirurgia dell’Ospedale pediatrico ‘Gaslini’ del capoluogo ligure. Una super consulenza fortemente invocata dai legali della difesa, secondo i quali, invece, il camice bianco, nel visitare il piccolo, avrebbe agito correttamente e nel rispetto delle linee guida.

Per i consulenti tecnici dell’imputato, infatti, in base all’esperienza clinica e alla letteratura scientifica, il paziente presentava un trauma cranico minore. Quadro peraltro confermato anche dai periti del Pm. Il bambino non presentava dinamica di allarme, non era stato accompagnato da perdita di coscienza, da segni di deficit neurologico, né da sintomi clinici suggestivi per frattura cranica.

I due super periti hanno sostanzialmente confermato che il medico avrebbe potuto agire con maggiore prudenza, consigliando ai familiari del piccolo di recarsi in Ospedale. Tuttavia, dall’esame delle cartelle cliniche, non sono emersi gli elementi per stabilire l’esistenza di un nesso causale tra la condotta del camice bianco e il decesso del bambino.

In altri termini, il ritardo provocato dal pediatra fu di un’ora e mezza al massimo; per i consulenti non è detto che, anche in caso di immediato trasferimento in ospedale, il paziente si sarebbe potuto salvare. La deposizione dei due esperti, avvenuta lo scorso ottobre, è stata decisiva per l’epilogo della vicenda.

 

 

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