15.687,84 euro è la somma che l’azienda di trasporti pubblici della capitale dovrà versare a titolo di risarcimento del danno per la condotta imprudente dell’autista

La vicenda

Con atto di citazione l’attrice aveva chiamato in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma l’azienda di trasporti urbani della capitale. al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni alla persona subiti a causa di un sinistro verificatosi mentre si trovava a bordo di una linea urbana allorché, nell’accingersi alla discesa dalla porta centrale, non trovava il previsto appoggio assicurato dallo spessore del marciapiede e rovinava violentemente a terra.

A detta della ricorrente il sinistro era imputabile alla condotta imprudente del conducente il quale, trovandosi in coda ad altri autobus e non volendo attendere che la corsia si liberasse per raggiungere il capolinea, arrestava la sua corsa in corrispondenza delle strisce pedonali e del passaggio per i disabili che prevedeva l’interruzione del marciapiede.

Conseguentemente, in assenza del piano banchina pedonale presente invece nel capolinea, la passeggera cadeva a terra procurandosi gravi lesioni che avevano reso necessario l’intervento di un’ambulanza e il trasporto in l’Ospedale.

Per la società convenuta in giudizio la responsabilità dell’accaduto, invece, era da imputare esclusivamente al comportamento negligente dell’attrice.

Il giudizio dinanzi al Tribunale di Roma

La XVII Sezione del Tribunale di Roma ha accolto l’istanza della danneggiata perché fondata in fatto e in diritto.

Le prove acquisite in giudizio avevano confermato il fatto rappresentato dall’attrice con l’atto introduttivo del giudizio. Ne era stata in particolar modo confermata la natura e l’entità del danno subito, nonchè la derivazione causale della caduta, a causa del comportamento negligente dell’autista che aveva fermato la vettura e aperto le porte prima della fermata prevista, a ridosso dello scivolo riservato ai disabili (quindi privo di marciapiede), in luogo, dunque, poco sicuro per la discesa dei passeggeri.

L’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “devono considerarsi come avvenuti durante il viaggio anche i sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore verificatisi durante le operazioni preparatorie o accessorie del trasporto (salita e discesa dal mezzo, obliterazione del titolo di viaggio, sistemazione al proprio posto, ecc.) o durante le fermate” (cfr. tra le altre Cass., n. 1802/73).

“Ne consegue che, se da un lato si esige dal viaggiatore un minimo di prova, costituita dalla esistenza di un nesso causale tra il sinistro occorsogli e l’attività del vettore nell’esecuzione del trasporto, dall’altro spetta poi, al vettore la prova liberatoria di avere approntato i mezzi idonei a salvaguardare la incolumità del passeggero con normale diligenza; nesso causale che può, tuttavia, essere interrotto dal comportamento imprudente del viaggiatore”.

La decisione

Nel caso in esame, era pacifico che il sinistro occorso all’attrice si fosse verificato a causa dell’apertura delle porte prospicienti al passaggio riservato agli invalidi, privando così la trasportata dell’appoggio della banchina.

La ricostruzione dei fatti era stata poi puntualmente dimostrata in sede di escussione dei testi ammessi, che avevano confermato il luogo di verificazione del sinistro e la posizione esatta di fermata dell’autobus dal quale era scesa l’attrice.

Dal canto suo, l’azienda di trasporti non aveva fornito alcuna prova liberatoria né tanto meno aveva provato o quantomeno chiesto di provare l’adozione di tutti i mezzi idonei atti a salvaguardare la incolumità dei passeggeri.

Infatti, “a norma dell’art. 1681 c.c., è proprio sul vettore che incombe la prova positiva di avere adottato tutte le cautele idonee ad evitare la verificazione di sinistri in danno dei soggetti trasportati durante l’intero arco del servizio reso, da intendersi comprensivo delle soste, delle fermate e delle operazioni preparatorie e accessorie, tra le quali deve annoverarsi pure la discesa dal mezzo di trasporto, mentre il trasportato ha l’onere di provare – come concretamente avvenuto da parte attrice – soltanto l’esistenza di un contratto, il danno subito e il nesso di causalità tra detto danno e l’attività esplicata dal vettore in esecuzione del contratto”.

Per tali motivi, l’adito tribunale capitolino ha condannato l’azienda di trasporti pubblici a risarcire il danno all’attrice, complessivamente quantificato nella somma di 15.687,84 euro.

La redazione giuridica

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