L’acquisizione di dati e documenti da parte del consulente tecnico ha funzione di riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti. Al contrario, egli non può sostiuirsi alle parti, andando a ricercare aliunde i dati che devono essere oggetto della sua attività di riscontro e che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova. (Corte di Cassazione, III Sezione Civile, n. 12921/2016)

Un società, impegnata nell’attività di lavorazione e produzione di prodotti almentari conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna il gestore dell’erogazione idrica del Comune emiliano, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni provocati dall’allagamento del proprio stabilimento industriale a seguito della rottura di un tratto di condotta idrica facente parte dell’acquedotto pubblico e interrata proprio nell’area prospiciente allo stabilimento.

A causa dell’allagamento, l’attività di produzione era rimasta sospesa per alcune ore e il prodotto già in lavorazione divenuto inutillizzabile. L’azienda contava così i danni.

La sentenza è importante perché affronta alcune questioni, in materia di consulenza tecnica, non sempre pacifiche e, spesso fonte di cattiva interpretazione. In particolare, la Cassazione chiarisce quali sono i limiti, le funzioni e i rapporti che l’attività di consulenza tecnica incontra rispetto agli oneri di allegazione e di prova facenti capo alle parti.

Nel caso in esame, i giudici di merito avevano deciso di non avvalersi delle risultanze della consulenza tecnica. Il perito si era, infatti, avvalso di una serie di documenti atti a comprovare i costi delle lavorazioni perdute ed i relativi quantitativi, che la ricorrente, solo in sede di consulenza tecnica e dunque, in violazione sia dei termini per la produzione documentale che del principio del conrraddittorio, gli avrebbe trasmesso, suscitando così, le immediate contestazioni della controparte.

Ebbene, l’rregolarità di siffatta acquisizione documentale avrebbe comportato la dichiarazione di nullità dell’intera consulenza tecnica e duqnue, la conseguente inutilizzabilità della documentazione acquisita.
In verità, il ctu, – precisa la ricorrente – non essendo riuscito ad elaborare una risposta ai questiti sulla base della sola tabella riassuntiva già prodotta, aveva utilizzato quella ulteriore documentazione, al fine di meglio comprendere, elaborare e verificare l’esattenza del prospetto.

I giudici di merito, perciò, nel dichiarare l’inutilizzabilità della consulenza tecnica avrebbero violato il principio di diritto secondo il quale al consulente tecnico è consentito acquisire aliunde i dati necessari per svolgere l’accertamento affidatogli (Cass. n. 1901 del 2010 ed altre).

Ma è proprio così? È proprio vero cioè, che il consulente tecnico, nell’espletamento del proprio incarico, può acquisire aliunde la documentazione necessaria per elaborare la consulenza; e se si, quali sono i limiti entro cui è legittimo l’esercizio di tale facoltà?

Più volte la giurisprudenza di legittimità ha affrontato il tema, affermando che“in materia di consulenza tecnica d’ufficio, rientra nel potere del consulente tecnico d’ufficio attingere “aliunde” notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, e che dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice purché ne siano indicate le fonti in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio (Cass., n. 13686 del 2001; Cass., n. 3105 del 2004; Cass., n. 13428 del 2008; Cass., n. 1901 del 2010).

Ma per chiarire i limiti entro cui è legittimo l’esercizio di tale facoltà e quali sono, invece, i dati, le notizie e i documenti che il consulente può acquisire aliunde, occorre richiamare un dato.

«Il criterio guida è che si tratta di un potere funzionale al corretto espletamento dell’incarico affidato, che non comporta alcun potere di supplenza, da parte del consulente rispetto al mancato espletamento da parte dei contendenti al rispettivo onere probatorio».

«Esso viene legittimamente esercitato in tutti i casi in cui al consulente sia necessario acquisire documenti in genere pubblici non prodotti dalle parti e che tuttavia siano necessari per portare a termine l’indagine e per verificare sul piano tecnico se le affermazioni delle parti siano o meno corrette (può trattarsi, esemplificativamente, di delibere comunali dalle quali estrarre il coefficiente per determinare il canone di locazione, documentazione relativa ai piani regolatori, dati riscontrabili relativi al valore dei terreni espropriati per verificare che l’indennità di esproprio sia stata correttamente quantificata). Potrà anche, nel contraddittorio delle parti, acquisire documenti non prootti e che possano essere nella disponibilità di una delle parti o anche di un terzo qualora ne emerga l’indispensabilità all’accertamento di una situazione di comune interesse (quali atti di frazionamento per individuare il confine tra due fondi). Può, ancora, acquisire inoltre dati tecnici di riscontro alle affermazioni e produzioni documentali delle parti, e pur sempre deve indicare loro la fonte di acquisizione di questi dati per consentire loro di verificare l’esatto e pertinente prelievo».

Rimane, tuttavia, sempre fermo il principio per cui l’acquisizione di dati e documenti da parte del consulente tencico ha funzione di mero riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti. Non è invece consentito al consulente sostiuirsi alla stessa parte, andando a ricercare aliunde i dati stessi che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova (ovvero gli atti e i documenti che siano nella disponibilità della parte che agisce e dei quali essa deve avvelersi per fondare la sua pretesa) che non gli siano stati forniti, acquisendoli, come è avvenuto in questo caso, dalla parte che non li aveva tempestivamente prodotti, nonostante l’opposizione della controparte, in quanto in questo modo verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’art. 2697 c.c. che del principio del contraddittorio.

Avv. Sabrina Caporale

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui