Uno studio sugli over 65 con lieve deficit cognitivo fornisce informazioni utili per la messa a punto di interventi di prevenzione e trattamento della patologia

Il manifestarsi di difficoltà nell’esecuzione delle attività quotidiane più complesse consente di predire, con un anticipo di otto anni, lo sviluppo di demenza nelle persone affette da deficit cognitivo lieve (Mci-Mild Cognitive Impairment). È quanto emerge da uno studio condotto su 2.400 ultrasessantacinquenni pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease.

La ricerca è stata realizzata nell’ambito del progetto Ilsa (Italian Longitudinal Study on Aging) dai ricercatori Antonio Di Carlo dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) e Domenico Inzitari dell’Università di Firenze, sotto il coordinamento di Emanuele Scafato dell’Istituto superiore di sanità.

“La vita quotidiana – afferma Di Carlo – presuppone lo svolgimento di attività elementari, quali lavarsi, vestirsi, alimentarsi, e di attività più complesse, definite strumentali, come usare il telefono, fare acquisti, preparare il cibo, effettuare le pulizie domestiche, utilizzare i mezzi di trasporto, maneggiare il denaro, assumere autonomamente eventuali terapie. La ricerca ha dimostrato che avere problemi nelle seconde, le più complesse, permette di predire lo sviluppo di demenza in chi è affetto da Mci, e questo indipendentemente dall’età, dal sesso e dalla presenza di altre malattie”.

Lo studio ha inoltre individuato un legame tra il numero di attività strumentali che creano problemi e lo sviluppo della demenza. “Incontrare difficoltà in una sola delle attività complesse – spiega ancora il ricercatore – raddoppia il rischio di demenza, mentre se le attività interessate sono più di quattro il rischio aumenta di nove volte nei successivi otto anni”.

Lo studio Ilsa, il primo a livello nazionale che si occupa delle problematiche relative all’invecchiamento e alle condizioni di salute degli over 65 italiani, ha fornito stime sulla frequenza della demenza nel nostro Paese. “In Italia – conclude Di Carlo – le persone affette da questa patologia sono circa 700mila e circa 150mila i nuovi casi ogni anno; gli ultrasessantacinquenni affetti da deficit cognitivo lieve sono circa tre milioni: un anziano su quattro. Per loro il rischio di demenza è significativamente superiore rispetto agli anziani con funzioni cognitive normali. Questa ricerca fornisce informazioni utili per la messa a punto di interventi di prevenzione e trattamento, contribuendo così a ridurre i rilevanti costi umani, sociali ed economici di questa malattia”.

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