In occasione della Giornata mondiale del diabete la Sid denuncia una scarsa attenzione ad una malattia da “tsunami economico”

“E’ arrivato il tempo che i cittadini e i decisori politici considerino il diabete una priorità socio-sanitaria, e che si attraggano investimenti pubblici e privati seguendo modelli di successo applicati in altre patologie come i tumori”. E’ questa la conclusione di Enzo Bonora, presidente della Fondazione Diabete Ricerca, durante il convegno al Senato “Il diabete in Italia fra ricerca e assistenza” in occasione della Giornata mondiale del diabete che si è celebrata celebra ieri.

I dati presentati infatti dalla Società italiana di diabetologia (Sid) fanno parlare di “tsunami economico”: 415 milioni di malati nel mondo ed una spesa solo per costi indiretti (ovvero prepensionamenti e assenze dal lavoro) che, secondo una stima della London School of Economics è pari a 12 mld di euro solo in Italia.

“Bisogna avviare azioni concrete per ridurre l’altissimo numero di morti e le complicanze del diabete: infarti, ictus, amputazioni, insufficienza renale fino alla dialisi, perdita della vista”, ha dichiarato il presidente della Sid Giorgio Sesti. “E’ ora di risvegliarsi da un sonno che è durato troppo a lungo e che non solo ha ridotto la potenzialità dei ricercatori che operano in Italia ma ha contribuito a declassare la malattia ad una sorta di fastidio molto diffuso ma senza particolari conseguenze per la salute”.

Nonostante la ricerca italiana sul diabete sia di altissima qualità e riconosciuta internazionalmente, collocandosi addirittura al terzo posto nella graduatoria mondiale per la validità dei prodotti scientifici, attualmente riceve scarsissimi fondi sia pubblici che derivanti dalle donazioni dei privati.

Rileva la Sid che le istituzioni “destinano alla ricerca sul diabete circa 2,5 milioni di euro l’anno, pari a circa 5 mila euro per ognuno dei circa 500 ricercatori attivi in Italia. E i cittadini fanno ancor meno: le donazioni liberali e quanto destinato con il 5xmille ammontano a poco più di 100 mila euro l’anno”.

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