È ammessa l’impugnazione della parte civile nei confronti della sentenza di primo grado che dichiari l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come contro la sentenza di appello che confermi tale decisione

È quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nella recente sentenza n. 28911/2019.

La parte civile aveva proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato, pronunciata dalla Corte d’appello di Roma e prima ancora, dal giudice di primo grado, per intervenuta prescrizione del reato.

La questione, dapprima sottoposta al vaglio della Quinta Sezione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione, rilevando il contrasto giurisprudenziale esistente in materia.

Il quesito giuridico

Si tratta di stabilire ” se sia ammissibile il ricorso della parte civile avverso la sentenza che, su impugnazione di detta parte, abbia confermato la pronuncia di primo grado la quale, senza entrare nel merito, abbia dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione”.

L’analisi della questione è stata condotta partendo dal dato normativo di cui all’art. 576, dedicata alla “impugnazione della parte civile e del querelante” che, al comma 1, stabilisce espressamente “la parte civile può proporre impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio”.

Nella nozione di sentenza di “proscioglimento” – a parere del Supremo Collegio –  non possono non rientrare anche le sentenze di estinzione del reato per prescrizione.

Si tratta invero, di una affermazione già resa dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 40049 del 29/05/2008.

Del resto, come ha rilevato anche la dottrina, la formula “sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio”, riferibile sia alle sentenze di non doversi procedere sia alle sentenze di assoluzione, è unicamente intesa ad escludere le sentenze di non luogo a procedere pronunciate nell’udienza preliminare.

Se infatti, la parte civile può impugnare le sentenze di proscioglimento e tra esse vi rientra anche la “dichiarazione di estinzione del reato” di cui all’art. 531 c.p.p., deve ammettersi la facoltà di impugnazione della predetta parte anche alla sentenza di non doversi procedere per estinzione, dovuta a qualsiasi altra causa prevista dal codice penale, tra cui anche quella di prescrizione del reato ex art. 157 c.p..

Una diversa interpretazione finirebbe del tutto incongruamente per svilire il senso stesso della ratio e della finalità ontologica di ogni mezzo di impugnazione (ovvero, indubitabilmente, quello di correggere decisioni “erronee”) e per escludere, dunque, la legittima aspettativa della parte civile di pretendere che il giudizio penale non si arresti alla constatata prescrizione del reato, ma prosegua al fine di valutare se la stessa sia stata erroneamente o meno dichiarata e di ottenere così il risultato che, con la propria costituzione, la parte civile stessa si prefiggeva.

Del resto già in passato le Sezioni Unite hanno affermato che, avendo il danneggiato, con la costituzione di parte civile, inteso trasferire in sede penale l’azione civile di danno, lo stesso ha “interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto può essergli riconosciuto” sì che non gli si può negare l’interesse ad impugnare la decisione di proscioglimento anche quando questa manchi, come è nel caso in esame, di efficacia preclusiva (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008).

Sotto altro aspetto, è stato anche osservato, con ragionamento a fortiori applicabile alla fattispecie di proscioglimento per estinzione del reato, che, in caso di assoluzione perché il fatto non costituisce reato, le limitazioni all’efficacia del giudicato, previste dall’art. 652 c.p.p., non incidono sull’estensione del diritto all’impugnazione, riconosciuto in termini generali alla parte civile nel processo penale dall’art. 576 c.p.p., giacché, tra l’altro, ove si ritenesse il contrario, la parte civile che intendesse impugnare la sentenza assolutoria sarebbe costretta a rinunciare agli esiti dell’accertamento compiuto nel processo penale e a riavviare ab initio l’accertamento in sede civile, con conseguente allungamento dei tempi processuali (Sez. 2, n. 41784 del 18/07/2018 e Sez. 2, n. 36930 del 04/07/2018).

L’interesse ad impugnare della parte civile

Per le Sezioni Unite della Cassazione dunque, è corretto affermare non solo che la parte civile sia legittimata ad appellare la sentenza di proscioglimento per estinzione del reato a seguito di intervenuta prescrizione, derivando una tale legittimazione direttamente dalla previsione dell’art. 576, ma sia anche portatrice di un concreto interesse a detta impugnazione, attesa la finalità, perseguita attraverso la doglianza mossa in ordine ad una erronea affermazione di intervenuta prescrizione, ad ottenere il ribaltamento della prima pronuncia e l’affermazione, sia pure solo “virtuale” perché valorizzabile ai soli fini delle statuizioni civili, di responsabilità penale dell’imputato.

È noto, infatti, che accanto alla legittimazione ad impugnare, deve sussistere, quale ulteriore condizione di ammissibilità, anche l’interesse a proporre l’impugnazione. Si tratta di due profili che devono essere tra loro ritenuti distinti, non potendo, in particolare, il secondo essere assorbito nel primo.

L’interesse ad impugnare oltre che attuale deve essere “concreto”.

Al riguardo è stato affermato che la concretezza dell’interesse deve essere parametrata al raffronto tra quanto statuito dalla sentenza impugnata e quanto, con l’impugnazione svolta, si vorrebbe invece ottenere, sì che già il solo fatto che, nella specie, si assuma l’erroneità della affermazione di intervenuta prescrizione, indipendentemente dalla fondatezza o meno di tale pretesa, rende il ricorso ammissibile.

In definitiva le Sezioni Unite hanno dichiarato l’ammissibilità del ricorso per cassazione con cui la parte civile lamenti, come nel caso in esame, l’erronea conferma, da parte del giudice di appello, della dichiarazione di prescrizione già erroneamente affermata dal giudice di primo grado: da un lato, la legittimazione della parte civile anche al ricorso deriva dal dettato dell’art. 576 c.p.p., comma 1, letto, per quanto riguardante lo specifico mezzo del ricorso, unitamente all’art. 568 c.p.p., comma 2; dall’altro, con riguardo all’interesse concreto, va considerata la possibilità per la parte civile di ottenere, per effetto della proposizione del ricorso, la condanna in sede civile al risarcimento dei danni e alle restituzioni, in tempi più rapidi dell’ordinario e senza la necessità, cui invece la stessa sarebbe sottoposta ove ricorso non vi fosse stato, di iniziare ex novo il separato giudizio civile.

È perciò, stato affermato il seguente principio di diritto: “Nei confronti della sentenza di primo grado che dichiari l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come contro la sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, è ammessa l’impugnazione della parte civile che lamenti l’erronea applicazione della prescrizione “.

Avv. Sabrina Caporale

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