La mera presenza di farmaci scaduti nello studio medico non integra di per sé il reato di commercio e somministrazione di medicinali guasti

Nel 2017 la Corte d’Appello di Perugia confermò la condanna a sei mesi di reclusione e 300 euro di multa, già pronunciata dal giudice di primo grado, a carico dell’imputato per il delitto di commercio e somministrazione di medicinali guasti perché, in qualità di medico odontoiatra, deteneva per la somministrazione ai propri pazienti fiale di anestetico locale scaduto.

A detta dell’imputato la sentenza impugnata non aveva tenuto conto della marginalità ed esiguità della condotta contestata, considerato che, delle diciannove fiale di anestetico scadute, solo una era risultata mancante alla data di ispezione, segno che egli, in un arco temporale apprezzabile e pur avendone concreta possibilità, si era di fatto astenuto dall’utilizzare quei farmaci, ad eccezione della unità non rinvenuta.

Il giudice penale avrebbe pertanto, dovuto applicare la causa di non punibilità per l’assenza di offensività della condotta.

L’art. 443 c.c. rubricato “commercio o somministrazione di medicinali guasti” punisce “chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti”, tutelando in questo modo l’interesse alla salute pubblica dalle condotte di conservazione o di preparazione di tali supporto sanitari privi di reale efficacia terapeutica.

La particolare rilevanza del bene giuridico tutelato

L’oggetto materiale delle varie condotte di reato riconducibile nella fattispecie citata, rimanda a situazioni in cui, rispettivamente, le sostanze medicinali siano state corrotte o deteriorate per cause naturali, senza l’intervento dell’uomo, come nel caso di naturale deperimento, di vetustà, di fermentazione o di cattiva conservazione, ovvero siano difettose dei necessari elementi o della giusta dosatura o presentino qualsiasi altro vizio, originario o sopravvenuto, che le renda inefficaci.

Ebbene al riguardo, i giudici della Suprema Corte (sentenza n. 30377/2019), pur riconoscendo che la nozione di farmaco “guasto o imperfetto”, nella sua ampiezza, è tale da ricomprendere qualunque difettosità del medicinale, a condizione che essa sia tale da determinare un effettivo e apprezzabile depauperamento dell’efficacia curativa del farmaco, hanno altresì chiarito che “il semplice sopraggiungere della data di scadenza non è elemento necessariamente sussumibile nella nozione di farmaco “guasto o imperfetto”, potendo il principio attivo dello stesso non essere stato reso ancora inefficace, soprattutto se a breve distanza dalla scadenza. Ciò risponde a una massima di comune esperienza secondo cui un medicinale conserva la propria efficacia terapeutica anche dopo qualche tempo dalla data di scadenza indicata sulla confezione.

Ciò che dunque si rende necessario verificare, attraverso un accertamento tecnico, è se il farmaco scaduto sia effettivamente andato incontro a un processo di alterazione, divenendo pericoloso per la salute.

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte di Cassazione ha inteso dar seguito a quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la condotta di “detenzione per la somministrazione” non è in alcun modo riconducibile nella “detenzione per il commercio”. Ne deriva che la detenzione in vista della somministrazione non integra il delitto di cui all’art. 443 c.p., salva la possibilità di configurare un’ipotesi di tentativo nei casi in cui, pacifica l’idoneità degli atti, essi siano stati diretti in modo non equivoco, alla luce delle complesse emergenze fattuali, alla successiva ed effettiva somministrazione.

Nel caso in esame, la corte d’appello aveva da un lato omesso qualunque accertamento circa il venir meno dell’efficacia terapeutica dei farmaci scaduti, perciò non avrebbe dovuto dichiararli “guasti o imperfetti”.

Sotto altro profilo, doveva escludersi che la condotta di mera detenzione dei farmaci scaduti potesse integrare taluna delle ipotesi contemplate dalla norma incriminatrice, non essendo la stessa finalizzata alla commercializzazione delle sostanze ed essendo essa distinguibile da quella, meramente eventuale, della successiva somministrazione.

Né poteva ritenersi rilevante l’accertata mancanza dalla relativa confezione di una delle fiale di medicinale. Ciò in quanto non era stata dimostrata l’effettiva somministrazione del suo contenuto, né che quest’ultima fosse stata utilizzata prima della data di scadenza.

In definitiva la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. Piena assoluzione per il medico odontoiatra.

La redazione giuridica

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