Il sanitario ha il compito di valutare, sulla base della sintomatologia riferitagli, la necessità o meno di visitare il paziente

Tale discrezionalità, tuttavia, può essere sindacata dal giudice di merito, onde accertare se tale valutazione sia stata correttamente effettuata, o se costituisca mero pretesto per giustificare l’inadempimento ai propri doveri

La vicenda

La Corte d’appello di Brescia aveva confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo a carico dell’imputato, condannato alla pena di quattro mesi di reclusione perché, in qualità di medico addetto al servizio di continuità assistenziale presso l’Asl, aveva indebitamente rifiutato di recarsi presso l’Hotel, da cui era stato chiamato con urgenza, poiché sei ragazzi di circa dieci anni, di nazionalità inglese, presenti nella struttura, avevano accusato malesseri fisici come vomito e attacchi di dissenteria.

Il giudice di primo grado aveva qualificato la condotta del predetto sanitario come penalmente rilevante.

Era emerso infatti, che egli si fosse intrattenuto al telefono per circa quindici minuti con l’albergatore ponendo numerose domande, talvolta vanamente ripetute, senza poi accogliere l’invito del predetto a recarsi urgentemente presso l’hotel per visitare i minori e costringendolo a rivolgersi al 118.

L’imputato aveva, dal canto suo, opposto che rientrasse nella sua discrezionalità tecnica quella di formulare le domande per avviare una diagnosi e stabilire se la sua presenza in albergo fosse realmente indispensabile.

Il suo difensore aveva poi sostenuto che, successivamente, l’imputato aveva raggiungo l’Hotel per valutare di persona la salute dei bambini, e preso atto della presenza del 118 era andato via.

A detta dei giudici di merito, tuttavia, tale circostanza era rimasta totalmente priva di prova.

Nella specie, il giudice di secondo grado, aveva affermato che “quand’anche non vi fosse stato pericolo di vita, ciò non escludeva la sussistenza dell’obbligo di eseguire la visita richiesta, considerata la preoccupante situazione esposta dall’albergatore: si trattava di otto pazienti di cui sei bambini che continuavano a vomitare e che si trovavano in un albergo piuttosto lontano dal più vicino pronto soccorso e per i quali non sarebbe stata sicuramente sufficiente una diagnosi per telefono, essendo opportuna, invece, anche una visita per escludere il pericolo di una rapida epidemia all’interno della comitiva”.

La Sesta Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 34535/2019) ha confermato la decisione della corte d’appello di Brescia.

Correttamente erano stati ravvisati nella condotta del prevenuto gli estremi integrativi del reati di cui all’art. 328 comma 1 c.p., che punisce, tra l’altro, il rifiuto di un atto dovuto per ragioni di sanità, allorché questo debba essere compiuto senza ritardo.

Nella specie, l’obbligo dell’imputato di effettuare la visita domiciliare richiestagli, trova la sua fonte normativa nel d.P.R. n. 41 del 1991 che, all’art. 13, dispone che il medico che effettua il servizio di guardia deve rimanere a disposizione “per effettuate gli interventi domiciliari a livello territoriale che gli saranno richiesti” e, durante il turno di guardia, “è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dagli utenti”.

«Orbene, – affermano gli Ermellini –  è vero che, in linea di principio, non può negarsi al sanitario il compito di valutare, sulla base della sintomatologia riferitagli, la necessità o meno di visitare il paziente. È anche vero, tuttavia, che una tale discrezionalità può essere sindacata dal giudice di merito, alla luce degli elementi acquisiti agli atti e sottoposti al suo esame, onde accertare se la valutazione del sanitario sia stata correttamente effettuata, oppure se la stessa costituisca un mero pretesto per giustificare l’inadempimento ai propri doveri».

Per tali motivi il ricorso è stato rigettato e confermata la sentenza della corte d’appello di Brescia.

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