Respinto il ricorso di un ex militare di leva che chiedeva il riconoscimento dell’ infermità da causa di servizio a causa di una patologia riscontrata durante il periodo di arruolamento

Il T.A.R. del Lazio, con la sentenza n. 7421/2018, si è pronunciato sul contenzioso tra il Ministero della Difesa e un ex militare di leva in materia di infermità da causa di servizio. L’uomo aveva prestato servizio nella Marina Militare per oltre 8 mesi con la categoria di “Nocchiere di Porto”. Durante il periodo di arruolamento, era stato sottoposto a diverse visite mediche ambulatoriali ed era stato dichiarato “temporaneamente non idoneo al servizio M.M”.

Al termine del periodo di temporanea inidoneità, il militare era stato ricoverato presso l’ex Infermeria Autonoma della Marina Militare (Marinferm) di Roma. In tale sede gli era stata diagnosticata una ernia del disco con sofferenza radicolare prevalente a destra. Come conseguenza, era stato assegnato alla categoria di “Furiere Logistico – Servizi di Caserma”, dove aveva ultimato il periodo di leva.

Dopo il congedo l’uomo aveva presentato domanda per il riconoscimento della infermità da causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo. La Commissione Medica di II istanza dell’Ispettorato di Sanità della Marina Militare, tuttavia, aveva ritenuto di rigettare l’istanza. In seguito a una visita, infatti, l’organo aveva verbalizzato l’infermità come non dipendente da causa di servizio e “ascrivibile alla Ottava categoria della misura massima”.

Da qui il ricorso dell’ex militare davanti alla Giustizia amministrativa.

Nel corso del procedimento, l’attore lamentava, in particolare, l’eccessiva discrezionalità tecnica con cui la Commissione avrebbe esercitato il proprio potere, comportante un’evidente ingiustizia. L’uomo sottolineava come prima della visita effettuata presso Marinferm non gli fosse stata diagnosticata alcuna patologia né alcuna discopatia. Pertanto, la conclusione cui era pervenuta la Commissione Medica circa l’ininfluenza del servizio svolto come “Nocchiere di Porto” sarebbe stata del tutto incongrua.

Inoltre, non vi erano elementi idonei a far ritenere la preesistenza della patologia rispetto alla data di arruolamento né ad escludere che le operazioni svolte abbiano rivestito un ruolo di concausa efficiente e determinante nell’insorgenza dell’infermità. Il fatto che la Sanità Militare non avesse diagnosticato la patologia all’epoca dell’arruolamento rendeva poi altresì irragionevole l’esclusione dell’efficienza del servizio svolto. Infatti, se il ricorrente non fosse stato adibito allo svolgimento di attività comportanti elevate pressioni interdiscali, non avrebbe sviluppato la patologia.

Il Ministero, di contro, presentava una relazione in cui rilevava che le anomalie anatomiche dell’attore erano di natura squisitamente congenita e indipendenti da fattori esterni.

Il giovane, durante i regolari accertamenti sanitari, non era stato indagato approfonditamente in quanto non dimostrava o lamentava alcun disturbo. Inoltre, non risultavano fattori di natura traumatica – stress fisici, lavori straordinari, eventi lesivi – idonei a far considerare tale lesione concausata dal servizio. Questo, per la sua ridotta durata, non appariva dunque responsabile della patologia ma solo occasione del suo spontaneo disvelamento.

Il Tribunale amministrativo ha ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte dall’ex militare, respingendo il ricorso in quanto infondato. Il Collegio giudicante ha rilevato che, secondo la giurisprudenza prevalente, gli accertamenti svolti dalla Commissione Medica Ospedaliera rientrano sempre nella discrezionalità tecnica di detti organi consultivi. Le valutazioni conclusive di questi ultimi sono assunte sulla base di cognizioni della scienza medica e specialistica. Su di esse, pertanto, non è ammesso un sindacato di merito del giudice amministrativo, ma soltanto quello di legittimità.

Al giudice amministrativo, quindi, spetta una valutazione esterna di congruità relativa alla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre. L’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta e i fatti di servizio rappresenta invece un tipico esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo a ciò preposto dalla legge.

Nel caso di specie, a parere del T.A.R. il giudizio della Commissione Medica di II istanza non appariva illogico o irragionevole. Per sconfessare la valutazione medica resa dalla Commissione e considerare il servizio svolto fattore generativo della malattia, il ricorrente avrebbe dovuto addurre fatti e accadimenti specifici occorsi in servizio che, per intensità e durata, fossero tali da comportare l’insorgenza di un possibile nesso eziologico tra i fatti suddetti e la patologia sofferta.

Il riconoscimento dell’equo indennizzo, infatti, presuppone che il fatto di servizio sia causa o concausa della patologia contratta.

Quest’ultima, in altri termini, deve essere eziologicamente collegata al servizio svolto. Nel caso in esame non era stata fornita alcuna prova dal ricorrente in ordine alla sussistenza di fatti di servizio tali da provocare l’infermità. “Di talché – si legge nella sentenza – il Collegio non rinviene sussistenti i dedotti vizi di difetto di motivazione e illogicità”.

 

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