Per i sindacati il fenomeno dei medici in fuga rappresenta anche un danno economico. Mete predilette la Gran Bretagna e la Svizzera

In dieci anni, dal 2005 al 2015, oltre diecimila medici hanno lasciato l’Italia per lavorare all’ estero. Nello stesso periodo si sono trasferiti anche otto mila infermieri. Ai dati della Commissione europea e del Rapporto Eurispes-Enpam, si aggiungono quelli di Consulcesi group secondo cui ogni anno 1.500 laureati in Medicina vanno via per seguire scuole di specializzazione all’estero. Il fenomeno dei medici in fuga rappresenta peraltro anche un danno economico, perché la formazione – dicono i sindacati di categoria – costa allo Stato italiano 150 mila euro per ogni singolo medico.

I professionisti che espatriano sono per la maggior parte ortopedici, pediatri, ginecologi e anestesisti. La meta principale è la Gran Bretagna, con il 33% di scelte, seguita dalla Svizzera con il 26%.

Chi si trasferisce ha un’età che va dai 28 ai 39 anni, mentre la Regione da cui emigrano di più i giovani medici italiani è il Veneto.

Un dato, quest’ultimo, che trova riscontro nelle dichiarazioni del Governatore Luca Zaia, il quale  nelle scorse ore ha lanciato un allarme sulla carenza di camici bianchi. “Mancano 1.300 medici – ha affermato -. Il motivo di questa situazione è una programmazione nazionale sbagliata, a partire dal numero chiuso nelle università, passando per la carenza di borse di specializzazione, il mancato utilizzo negli ospedali dei giovani specializzandi, l’assurdità di non poter trovare forme per trattenere chi va in pensione a 65 anni”.

Un allarme confermato a livello nazionale da un Rapporto dell’Anaao Assomed dello scorso 7 gennaio. In base al documento,  tra medici in fuga o che vanno in pensione e aspiranti camici bianchi che non riescono ad accedere alla Facoltà a causa del numero chiuso, il Servizio sanitario nazionale rischia grosso. Per l’Associazione dei medici e dirigenti del Ssn, tra soli sei anni, nel 2025, curarsi in ospedale sarà ancora più difficile: mancheranno infatti all’appello circa 16.500 specialisti.
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