I professionisti sono accusati di omicidio colposo in relazione al decesso di un paziente morto dissanguato per l’incisione di una vena durante un intervento. Secondo l’accusa avrebbero inoltre, tentato di falsificare la cartella clinica per coprire l’errore

Tre medici in servizio presso una clinica romana sono stati rinviata a giudizio per omicidio colposo a conclusione delle indagini relative al decesso di un 78enne, morto dissanguato per l’incisione di una vena durante un intervento chirurgico. I professionisti, inoltre, dovranno rispondere anche all’accusa di falso. Come riferisce il Corriere della Sera, infatti, avrebbe tentato di ‘coprire’ l’errore manipolando la cartella clinica.

La vicenda risale al marzo del 2017. Il paziente, affetto da un tumore, si era sottoposto a un’operazione per l’asportazione della vescica. Era morto a causa di una emorragia dovuta, secondo quanto appurato dagli inquirenti, al danneggiamento di una vena e alla mancata esecuzione di un intervento di sutura adeguato.

Gli accertamenti medico legali effettuati in seguito alla denuncia presentata dalla moglie avevano fatto emergere che il decesso sarebbe stato provocato da una condotta negligente dei medici.

In base a quanto riportato nel capo di imputazione i camici bianchi “cooperando fra loro con apporti causali diversi ma convergenti verso il medesimo evento” si sarebbero resi responsabili di “colpa grave” e “imperizia”.

Secondo il Pubblico ministero, non avrebbero prestato “la cura e l’attenzione dovute nel fronteggiare le emergenze terapeutiche sopravvenute nel corso di un intervento di cistectomia radicale”. Più specificamente, “dopo avere determinato una lesione della vena, non provvedevano a un’adeguata e tempestiva sutura”. Ne sarebbe conseguita una “rilevantissima perdita ematica”, che aveva provocato la morte dell’anziano.

I dottori, inoltre, avrebbero anche modificato la cartella clinica per “occultare” le cause del decesso. Ma il tentativo di falsificazione sarebbe fallito – riporta il Corriere – perché uno degli anestesisti avrebbe documentato quanto successo in sala operatoria. Nello specifico i chirurghi avrebbero annotato che il paziente aveva perso due litri di sangue. Invece, secondo l’anestesista, erano quattro litri e mezzo. Sempre secondo l’anestesista, poi, il 78enne avrebbe avuto due arresti cardiaci e non uno come riferito dai chirurghi. La parola, dunque, ora spetta al Tribunale.

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