Morto per aneurisma, medico indagato per omicidio colposo

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L’uomo morto per aneurisma era stato dimesso, perché per i medici aveva solo un mal di testa. È deceduto durante il secondo ricovero 18 giorni dopo

Dario Rotella, il 34enne morto per aneurisma il 15 ottobre del 2013, era arrivato 18 giorni prima con dei fortissimi dolori alla testa al pronto soccorso di Chivasso (To).
Ciò nonostante, dopo sei ore in ospedale, è stato dimesso. Diciotto giorni più tardi è morto per aneurisma, un aneurisma non diagnosticato durante il primo ricovero.
Ieri mattina, in Tribunale a Ivrea, la vicenda è stata ripercorsa di fronte al gup Alessandro Scialabba.
La famiglia, che a seguito della morte di Rotella aveva fatto denuncia, è assistita dagli avvocati Antonio De Rensis e Antonio Gilestro.

La radiologa dell’ospedale di Chivasso (difesa dall’avvocato Gino Obert) è sott’accusa per omicidio colposo.

Ma andiamo ai fatti.
La vicenda risale al 27 settembre del 2013. Poco dopo le 20, Rotella si era recato in ospedale con un fortissimo dolore alla testa. Al pronto soccorso gli avevano assegnato un codice verde, in quanto per i medici il suo stato di salute non presentava alcuna criticità.
Solo più tardi il medico che lo ha visitato aveva ritenuto opportuno sottoporlo a una Tac.
Il dolore di Rotella, poi morto per aneurisma, partiva dalla nuca e aumentava con il movimento. L’esame era quindi stato eseguito e valutato dalla radiologa di turno.

Alle due e mezza, Rotella è stato dimesso dall’ospedale con una diagnosi di “cervicalgia, cefalea e torcicollo”.

Gli vengono prescritti degli antidolorifici. Diciotto giorni dopo, il 15 ottobre, il 34enne viene colto da un forte dolore alla testa e perde conoscenza. Ricoverato all’ospedale Giovanni Bosco, è stato sottoposto a un intervento chirurgico, ma è poi morto dopo tre giorni di coma.
La famiglia del giovane morto per aneurisma ha deciso di sottoporre la cartella clinica al professor Carlo Alberto Benech, specialista in neurochirurgia del Cto.
Ebbene, nella sua relazione, lo specialista ha evidenziato come già la Tac del 27 settembre fosse “suggestiva di emorragia” e come “l’errata diagnosi” avrebbe impedito che il paziente venisse sottoposto subito a intervento chirurgico.
C’era, dunque, la possibilità che Rotella potesse salvarsi. Di qui la decisione della famiglia di presentare una denuncia.
In una prima fase dell’indagine il pm aveva iscritto sul registro degli indagati sia la radiologa sia il medico del pronto soccorso. Quest’ultimo è stato poi prosciolto.
L’esito del processo si giocherà sul filo delle consulenze di parte.
Rita Celli, l’esperto nominato dal pm, ha evidenziato come la Tac del 27 settembre mostrasse i primi segnali dell’aneurisma che ha poi ucciso Rotella.
Contestualmente, però, ha sottolineato la difficoltà d’interpretazione della radiologa di Chivasso. La difesa del medico, infatti, si basa tutta sul fatto che non sia una specialista in Neurochirurgia. Particolare su cui insiste il consulente della difesa, Lorenzo Varetto.
Una tesi, questa, respinta dagli avvocati della famiglia.
“Il medico specialista che opera in un pronto soccorso – ha fatto sapere la famiglia – dovrebbe essere consapevole delle proprie eventuali limitazioni, e quindi avrebbe dovuto, quantomeno, chiedere una seconda opinione invece di liquidare il paziente con una diagnosi di cervicalgia”.
 
 
 
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