La circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno non è applicabile al reato di omessa prestazione dell’assistenza occorrente dopo un incidente stradale

La vicenda

L’imputato era stato condannato, con sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Trieste, alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 189 c.d.s. perchè, dopo aver cagionato un sinistro stradale, mentre era alla guida della sua autovettura, non ottemperava all’obbligo di fermarsi nè a quello di prestare assistenza ai feriti, allontanandosi repentinamente dal luogo del sinistro.

La vicenda è finita davanti ai giudici della Suprema Corte, che hanno respinto il ricorso proposto dall’imputato perché in parte inammissibile, in parte infondato.

Le censure dedotte dalla difesa erano volte ad ottenere una rilettura degli elementi di prova già acquisiti nel processo di merito, operazione non consentita ai giudici di legittimità. E del resto la sentenza della corte d’appello era immune da vizi poiché coerente e adeguatamente motivata, anche in ordine alla sussistenza del reato contestato sotto il profilo dell’elemento soggettivo.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale il reato di fuga, di cui all’art. 189 C.d.S., comma 6, ha natura di reato omissivo di pericolo e si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l’obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge.

Il dolo richiesto – chiariscono gli Ermellini – deve investire, innanzitutto ed essenzialmente, l’omesso obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente, ove questo sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi.

In tali casi, l’elemento soggettivo ben può essere integrato dal semplice dolo eventuale, cioè dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone .

Il comportamento in caso di incidente

L’art. 189 C.d.S., descrive in maniera dettagliata il comportamento che l’utente della strada deve tenere in caso di incidente, comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un “crescendo” di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare.

Così è previsto l’obbligo di fermarsi in ogni caso, cui si aggiunge, allorchè vi siano persone ferite, quello di prestare loro assistenza.

L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi è punita con la sanzione amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose (comma 5) e con quella penale della reclusione fino a quattro mesi, in caso di incidente con danno alle persone (comma 6). In questa seconda ipotesi, se il conducente si è dato alla fuga, la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza nonchè la sanzione accessoria della sospensione della patente; la sanzione penale è più grave (reclusione fino ad un anno e multa) per chi non ottempera all’obbligo di prestare assistenza.

Si tratta di comportamenti diversi, lesivi di beni giuridici diversi ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che rimangono coinvolti in incidenti stradali e nel caso di omissione di soccorso, a principi di comune solidarietà.

Quanto al reato di cui all’art. 189, comma 6, trattasi di un reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente.

Al riguardo, la Cassazione aveva già avuto modo di precisare che ad integrare il reato è sufficiente la condotta di chi – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, nè quella del veicolo. Infatti, il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto (così Sez. 4 n. 20235 del 25/1/2001).

L’obbligo di prestare assistenza

Anche per l’obbligo di prestare assistenza (art. 189 C.d.S., comma 7) è sufficiente il semplice dolo eventuale, ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti (Sez. 4, n. 33772 del 15/6/2017).

La sussistenza o meno di un effettivo bisogno di aiuto da parte della persona infortunata non è, infatti, elemento costitutivo del reato che è integrato dal semplice fatto che, in caso d’incidente stradale con danni alle persone, non si ottemperi all’obbligo di prestare assistenza. Tale condotta deve essere infatti, tenuta a prescindere dall’intervento di terzi, poichè si tratta di un dovere che grava su chi si trova coinvolto nell’incidente medesimo (Sez. 4, n. 8626 del 7/2/2008, Rv. 238973).

La sentenza della corte territoriale è stata confermata anche nella parte in cui aveva escluso l’applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 62 c.p., n. 6.

Sul tema, si è recentemente pronunciata la Quarta Sezione Penale della Cassazione, laddove ha affermato che la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno non è applicabile al reato di omessa prestazione dell’assistenza occorrente dopo un incidente stradale, trattandosi di reato istantaneo di pericolo, in cui il bene giuridico tutelato non è l’integrità della persona, ma la solidarietà sociale (così Sez. 4 n. 5050 del 17/01/2019).

Tale ultimo approdo ermeneutico è stato non solo condiviso ma altresì, rafforzato nella sentenza in commento, laddove i giudici Ermellini hanno aggiunto che “la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno non è applicabile al reato di guida in stato di ebbrezza in caso di avvenuto risarcimento delle lesioni che ne sono conseguite, in quanto la causazione di lesioni a terzi, pur essendo una possibile conseguenza della condotta di guida in stato di alterazione, non costituisce effetto normale di tale reato secondo il criterio della c.d. regolarità causale”.

La redazione giuridica

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