Per la Cassazione il reato di falsità materiale si ritiene configurato qualora il falso contrassegno del permesso di parcheggio per invalidi  “abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale”

Aveva realizzato una falsa copia del contrassegno relativo alla concessione di parcheggio per invalidi, rilasciato alla madre, esponendola sul cruscotto della propria autovettura. L’uomo era stato condannato in primo grado che in appello per il reato di falsità materiale commessa dal privato in autorizzazioni amministrative.

L’imputato aveva quindi presentato ricorso davanti alla Suprema Corte di Cassazione deducendo, tra l’altro, un vizio di motivazione per travisamento della prova. A suo avviso, infatti, i giudici di merito, nell’affrontare la problematica del falso grossolano, avevano omesso di valutare adeguatamente le dichiarazioni di uno dei testimoni. Questi, un ufficiale di polizia giudiziaria, aveva riferito in sede dibattimentale che il permesso era “palesemente” contraffatto.

Il ricorrente aveva quindi posto la questione della configurabilità del reato contestato nel caso in cui il falso consista nella copia fotostatica di un documento vero.

La Cassazione, con la sentenza n. 32366/2018, ha fatto luce su tale aspetto, ritenendo infondate le argomentazioni proposte e respingendo la relativa impugnazione.

Gli Ermellini, in particolare, hanno chiarito che ai fini della configurabilità del reato è necessario che il documento esposto “abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale”. Non deve quindi presentarsi come mera riproduzione fotostatica”. Lo si evince da un consolidato orientamento giurisprudenziale.

Nel caso in esame, dal giudizio di merito era emerso che l’imputato aveva esposto una riproduzione plastificata e a colori del pass originale. Non una semplice fotocopia. Secondo i Giudici del Palazzaccio sussistevano quindi tutti gli elementi necessari per integrare il reato disciplinato dagli articoli 477 e 482 del codice penale.

Di qui la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la conferma della pronuncia della Corte di appello, con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e del versamento di una cifra pari a 2mila euro alla Cassa delle ammende.

 

Leggi anche:

REVISIONE DELLA PATENTE, NON OCCORRE LA VIOLAZIONE DEL CODICE STRADALE

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui