Una sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti precisazioni in merito alla tassa sui rifiuti per studi professionali

Chiamata a pronunciarsi in merito alla tassa sui rifiuti per studi professionali, la Cassazione ha fornito degli importanti chiarimenti.
Nello specifico, si è espressa sulla possibilità di fissare una tariffa speciale per le abitazioni civili in cui si svolga anche un’attività professionale.
Con la sentenza numero 21234/2017, la Cassazione – in merito alla tassa sui rifiuti per studi professionali – ha sostenuto che i comuni hanno la piena libertà di equiparare questi ultimi alle attività commerciali.
La sentenza, però, non è piaciuta a un avvocato.

Questi ha contestato la decisione del Comune di Bari di applicare al suo studio la medesima tariffa sui rifiuti prevista per i commercianti.

La controversia relativa alla tassa sui rifiuti per studi professionali era sorta a seguito dell’impugnazione effettuata del legale.
Questi, aveva infatti impugnato degli avvisi di accertamento che erano stati emessi per il mancato pagamento della T.I.A. per sei annualità.
Con tale atto, erano stati eccepiti tre importanti elementi.
Il primo era la decadenza del potere di accertamento per il 2001.
Il secondo, l’inesistenza di una specifica tariffa per i locali in cui vengono svolte attività commerciali nel regolamento comunale di Bari.
Infine, vi era l’ingiustificata liquidazione dell’imposta per l’intero, applicata per la superficie massima dell’immobile.
Sia la CTP che la CTR avevano però rigettato il ricorso del legale.
Il motivo?
Avevano ritenuto che il Comune avesse applicato correttamente la normativa di legge.
Pertanto il legale ha deciso di contestare in Cassazione solo l’equiparazione dell’attività forense alle attività commerciali, ai fini della determinazione della tassa sui rifiuti.
Secondo i giudici, però, i comuni hanno il potere discrezionale di fissare una tariffa speciale per le abitazioni civili in cui si svolge anche un’attività professionale.
A stabilirlo è l’articolo 62, comma 4, del decreto legislativo numero 507/1993.
Questo, infatti, esclude l’applicazione della tariffa abitativa ordinaria.
Il Comune di Bari, in tema di Tarsu, riconduce l’attività professionale dell’avvocato alla Categoria 3 relativa a “uffici professionali, commerciali, industriali e simili”.
Per questa ragione, la tariffa che il legale è tenuto a pagare è la stessa dei negozi.
 
 
 
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