Il danno da perdita del rapporto parentale spetta quando vi sia la rottura di tale rapporto anche con soggetto non consanguineo e per qualsiasi causa (test del DNA errato come per il caso de quo)

Con la sentenza n. 20835 depositata il 21 agosto 2018, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione si è occupata di una disattenzione gravissima, compiuta da un sanitario nell’effettuazione di un test del Dna errato relativo a una procedura di “riconoscimento di paternità”, che ha portato per anni, un ragazzo a considerare come padre un soggetto estraneo.

I fatti

Una donna, in proprio e quale esercente la potestà sul figlio minore, cita in giudizio L’Azienda Ospedaliera ed un sanitario, per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti in proprio e dal figlio a seguito della errata esecuzione dell’esame del DNA del bambino, ai fini del riconoscimento della paternità. In base ad un primo esame del DNA aveva accertato che il padre del bambino era tale SG, mentre in seguito ad un nuovo esame eseguito qualche anno dopo, era stato accertato che quest’ultimo non era il padre.

Il giudice di prime cure accoglieva la domanda e condannava il medico e l’azienda ospedaliera a pagare in solido tra loro in favore della donna la somma di €. 36.808,00= per danno non patrimoniale da lesione di integrità psico-fisica nella misura dell’11% per il minore e del 5 % per la madre, rigettando la richiesta di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, in mancanza di prove del suddetto rapporto.

La Corte territoriale accoglie in parte l’impugnazione principale della donna, aumentando l’entità del danno non patrimoniale subito solo dal bambino.

Propone ricorso per cassazione, la donna, in qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore affidato a due motivi.

La donna lamenta il fatto che la Corte territoriale, pur avendo accertata l’esistenza di un legame affettivo da parte del bambino nei confronti di SG e dei nonni, ha affermato che non poteva essere liquidato il danno da perdita del rapporto parentale tra il bimbo ed il presunto padre, ancora vivente, in quanto quest’ultimo non era risultato essere né padre né prossimo congiunto, liquidando in aumento il danno morale e non il danno da perdita dal legame di parentela.

La natura del danno non patrimoniale

La Corte premette che, sul piano del diritto positivo, l’ordinamento riconosce e disciplina solo le fattispecie di danno patrimoniale, nelle forme del danno emergente e lucro cessante ex art. 1223 c.c., e di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. e 185 c.p..

In base all’insegnamento della Consulta e della Cassazione (cfr. Cost. 233/2003 e Cass. S.U. n. 26972/2008), la natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale deve essere intesa rispettivamente nel senso di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica e come obbligo per il giudice di merito di tenere conto ai fini risarcitori di tutte le conseguenze modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato derivanti dall’evento danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitorie attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo in sede istruttoria ad un accertamento concreto e non astratto della vicenda di danno, utilizzando tutti i necessari mezzi di prova, compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni.

La liquidazione unitaria del danno

Per gli Ermellini costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno c.d. esistenziale, appartenendo tali categorie di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale, mentre dovrà essere compiuta una differente valutazione rispetto alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come confermato dalla nuova formulazione dell’art. 138 C.d.A., lett. e.

Quindi, in assenza di lesione del diritto alla salute, ogni vulnus arrecato ad un altro valore o interesse costituzionalmente protetto andrà valutato ed accertato all’esito di una compiuta istruttoria, ed in assenza di qualsiasi automatismo, sotto il medesimo e duplice aspetto della sofferenza morale e della alterazione dell’attività dinamico relazionale precedentemente esplicate dal soggetto danneggiato (cfr. Cass., S.U. n. 6572 del 2006; Cass., 901/2018 e 7513/2018).

La liquidazione unitaria di tale danno, come quella prevista per il danno patrimoniale avrà quindi il significato di attribuire al soggetto una somma di denaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente sofferto sia sotto l’aspetto della sofferenza interiore che sotto il profilo dell’alterazione/modificazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma e considerata in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche.

Il danno conseguente alla lesione del rapporto parentale

Ebbene, la Cassazione ha più volte affermato che  il danno conseguente alla lesione del rapporto parentale deve essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione affettiva, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre-figlio.

Ed il danno deve essere riconosciuto in relazione a qualsiasi causa interrompa questo rapporto, che non deve necessariamente coincidere con la morte del padre.

Qual’ è la soluzione prospettata dalla Cassazione in questo caso di test del DNA errato?

La motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta nel senso che il danno da perdita del rapporto parentale spetta quando vi sia la rottura di tale rapporto anche con soggetto non consanguineo, ma che rappresenti per il danneggiato la identica figura del padre, e che la lesione del rapporto parentale può essere determinata anche da un evento diverso dalla morte.

Tra l’altro osserva la Cassazione che l’errore in iure compiuto non ha impedito alla Corte territoriale, nella sostanza, di tenere rettamente conto del danno subito dal bambino per la perdita del rapporto con il presunto padre aumentando l’importo del risarcimento dovuto e personalizzando la misura dell’11% del danno all’integrità psico-fisica accertato dal primo giudice tenendo conto delle tabelle milanesi.

La Corte ha rigettato il ricorso e compensato le spese in considerazione della particolarità della materia trattata.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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