Da uno studio Iss emerge che i pediatri italiani sono favorevoli ai vaccini ma sono poco informati su sicurezza, efficacia e controindicazioni

I pediatri italiani sono favorevoli ai vaccini, ma sono anche poco informati su sicurezza, efficacia e controindicazioni. Lo si evince da uno studio condotto su un campione di 903 pediatri.

L’indagine, pubblicata su Eurosuveillance, è stata svolta nel 2016 da alcuni ricercatori dell’Istituto superiore di sanità (Iss), del Seremi (Servizio di riferimento regionale di epidemiologia per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, Asl 20 Alessandria) e della Regione Emilia-Romagna.

I risultati della ricerca

Il 95,3% dei pediatri intervistati è completamente favorevole alle vaccinazioni e il 66% si ritiene sufficientemente informato sulle vaccinazioni e sulle malattie prevenibili con il vaccino per poterne discuterne con sicurezza con i genitori.

Solo l’8,9% dei pediatri afferma però di condividere pienamente le affermazioni sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini.

Un terzo di essi non è solito verificare sistematicamente che i propri pazienti siano in regola con tutte le vaccinazioni previste dal calendario vaccinale e solo il 5,4% distingue correttamente tutte le controindicazioni vere da quelle false.

“È evidente – secondo gli autori dell’indagine – la necessità di interventi mirati per accrescere la fiducia dei pediatri nell’affrontare le preoccupazioni dei genitori e rafforzare la loro fiducia nei confronti delle istituzioni relativamente al tema delle vaccinazioni”.

Problemi organizzativi

I pediatri italiani sono poco informati sul tema dei vaccini perché poco coinvolti nella loro somministrazione affidata invece esclusivamente ai Servizi Vaccinali, come si evince dal primo “Rapporto dell’Osservatorio Strategie Vaccinali”.

“L’organizzazione – si sottolinea nel rapporto – delle campagne vaccinali in età pediatrica necessita di un’attenta programmazione […].

Per questa ragione si ritiene che il coinvolgimento dei Pediatri di Libera Scelta in situazioni critiche debba essere preso in considerazione nell’ambito di un’ampia programmazione degli interventi e di un coordinamento di Sanità Pubblica, che garantisca una partecipazione collettiva.

Barbara Zampini

 

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