70 chilometri e 50 minuti di auto. Questa è la distanza che corre tra Vibo Valentia e Catanzaro. La distanza siderale è costata caro alla neonata venuta alla luce, lunedì scorso, nella struttura di Vibo con un grave stato di sofferenza fetale. Il trasferimento è stato  richiesto subito dopo il parto per lo stato di asfissia che presentava la bimba. Un nuovo caso di malasanità in Calabria che riapre l’annoso dibattito sulla situazione della terapia intensiva neonatale.

Per il direttore sanitario del nosocomio vibonese, Michelangelo Miceli,  il parto è state eseguito “correttamente” poco dopo l’una dal primario Antonio Imbarlina. Lo stesso primario ha chiesto all’Azienda Sanitaria di Vibo di avanzare istanza di svolgimento per l’esame autoptico. L’indagine per ora è affidata alla Squadra Mobile locale coordinata dal sostituto procuratore Santi Cutruneo.

Il padre della bambina, Antonio, intervistato dai microfoni di Mediaset, ha riferito che “la bambina aveva fatto tutte le visite e al 100% era sana”. Le condizioni della piccola si sarebbero aggravate solo dopo la nascita, avvenuta con parto cesareo. “So solo che ci hanno rovinato la vita. La bambina – spiega il papà – non ha pianto quando è uscita e la madre ha capito che c’era qualcosa che non andava. Ora non ho il coraggio di dirgli come è andata”.

Il caso verrà portato a Montecitorio dalla parlamentare calabrese del Movimento 5 Stelle Dalila Nesci, la quale ha preannunciato un’interrogazione al presidente del Consiglio e ai ministri della Salute e dell’Economia. “Nei giorni scorsi – scrive la Nesci sulla sua pagina Facebook – avevo lanciato l’allarme per le neonatologie in Calabria, oggi in condizioni insufficienti, specie per l’emergenza”. “Nel mio atto parlamentare – continua la parlamentare M5S – ho chiesto di quali elementi dispongano gli interrogati e quali azioni di competenza intraprendere per verificare nel complesso il reale livello di sicurezza di tutte le strutture in cui si può partorire in Calabria, nonché, soprattutto, il livello di funzionamento di controlli e misure di accompagnamento al parto e della rete dell’assistenza ospedaliera a riguardo”.

La morte della piccola vibonese richiama purtroppo un altro caso di morte neonatale, quello della bambina morta a Catania, nel febbraio scorso, perché in nessun ospedale della città (Garibaldi, Santo Bambino, Cannizzaro) aveva un posto disponibile per rianimarla. La neonata morì mentre veniva trasportata all’ospedale di Ragusa.

La storia si ripete.

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