Il Giudice di Pace di Brindisi con la sentenza n. 864 del 2018 si è occupato di un’azione di risarcimento danni per volo ritardato promossa da due coniugi.

I fatti precisi del volo ritardato

I coniugi avevano prenotato un volo con una compagnia aerea con partenza da Brindisi alle ore 9,55 e arrivo a Parigi alle 12,45. La Compagnia comunicava loro l’anticipazione di partenza del volo di andata dalle 9,55 alle 9,05 e conseguentemente anticipazione dell’arrivo a Parigi alle ore 11,50. Gli attori, il giorno della partenza, effettuavano il check-in on line, ma giunti all’aeroporto apprendevano che l’areo sarebbe partito con ben 6 ore di ritardo alle 15,15. L’aereo decollava alle 16 (con ulteriore ritardo) ed atterrava a Parigi alle 18,50, con 7 ore di ritardo rispetto all’arrivo previsto.

Gli attori riferivano di aver acquistato un pacchetto turistico per il parco di Disneyland di Parigi e cinque giorni di ingresso al parco ed a causa del ritardo del volo perdevano, pertanto, un giorno di ingresso e chiedevano il pagamento della compensazione pecuniaria ai sensi dell’art. 7 del Regolamento CE 261/04, oltre il rimborso dell’ingresso al parco per il giorno dell’arrivo e la somma di €. 1.000 per i maggiori danni patiti.

Nel costituirsi la Compagnia aerea eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice italiano, contestava la domanda nell’a an e nel quantum e formulava una proposta transattiva.

L’eccezione di difetto di giurisdizione

Il giudice di pace osserva che ci sono diverse ragioni, per il caso in esame, in base alle quali vada affermata la giurisdizione del giudice italiano:

  • ex 33 della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, “l’azione per il risarcimento del danno è promossa a scelta dell’attore nel territorio di uno degli stati parti o davanti al tribunale del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività, o del luogo in cui esso possiede una impresa che ha provveduto a stipulare il contratto o davanti al Tribunale del luogo di destinazione”;
  • la compagnia aerea possiede in Italia una sede con una propria organizzazione autonoma che gestisce le rotte dei passeggeri nazionali della società;
  • il contratto di trasporto deve considerarsi concluso nel luogo in cui il preponente ha ricevuto conferma dell’accettazione, ovvero al completamento della procedura di acquisto del biglietto, luogo che nel caso in esame va individuato in Brindisi, avendo qui la residenza gli attori;
  • in applicazione dell’art. 33 lett. u) del d. lgs. 206/2005 (codice del consumo) in osservanza del principio di tutela della parte più debole è applicabile il foro del domicilio del consumatore e sono considerate inefficaci, perché vessatorie, eventuali pattuizioni contrarie.

Per il giudice le suddette ragioni sono conformi alla disciplina comunitaria relativa alla determinazione della legge applicabile.

Il paragrafo 2 dell’art. 5 del Regolamento CE n. 593/2008 prevede che la legge applicabile ad un contratto di trasporto passeggeri “è quella del Paese di residenza abituale del passeggero purchè il luogo di partenza o di destinazione sia situato in tale Paese”.

Nel caso de quo il luogo di partenza era situato in Italia e la residenza abituale dei passeggeri era Brindisi e quindi correttamente il giudizio è stato incardinato in Italia.

La definizione del volo ritardato

Osserva il giudice di pace che le norme del Regolamento CE 261/04 non contengono alcuna definizione del volo ritardato. Ci ha pensato, però, la sentenza della Corte di Giustizia Europea n. 402 del 2009 ad equiparare l’ipotesi del volo cancellato e l’ipotesi del volo ritardato, affermando che i passeggeri hanno diritto alla compensazione pecuniaria prevista dall’art. 7, primo comma, del suddetto regolamento.

In base a tale normativa, i passeggeri il cui volo abbia subito ritardi di due o più ore, per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori ai 1.500 Km. e per le tratte comprese trai 1.500 Km. e 3.500, di quattro o più ore, per le tratte aeree che non rientrano nei precedenti casi, hanno diritto a percepire dalla Compagnia aerea, in moneta contante o elettronica, rispettivamente €. 250,00=, 400,00=, ovvero 600,00=, ai sensi degli artt. 6 e 7 del Regolamento 261/04.

La prova del diritto alla compensazione

Il giudice sottolinea che il diritto alla compensazione trae origine dal verificarsi di un ritardo prolungato e, pertanto, il danno è in re ipsa poiché il passeggero non deve fornire la prova di ulteriori circostanze, tranne quella di avere acquistato il biglietto del volo aereo e del ritardo prolungato.

Pertanto, la responsabilità del vettore è presunta iuris tantum, salvo la prova che il ritardo è dipeso da “circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso(cfr. art. 5 Reg.), e quindi, in pratica ad un evento riconducibile a caso fortuito o forza maggiore.

Il vettore dovrà, quindi, provare non solo genericamente l’uso della normale diligenza, ma dovrà indicare specificamente le misure in concreto adottate per evitare il pregiudizio sofferto dal passeggero, oltre alla causa dell’evento dannoso.

Il risarcimento per violazione degli obblighi di assistenza.

Per ciò che concerne l’ulteriore risarcimento richiesto dagli attori, a titolo di danno non patrimoniale, ovvero del risarcimento per violazione degli obblighi di assistenza previsti dall’art. 9 del regolamento CE n. 261/2004 da parte della compagnia area, va richiamata la sentenza della Cassazione n. 12088 del 2015, che ha ritenuto non giustificata una sofferenza di gravità tale da far sorgere il diritto al risarcimento.

Nella su citata sentenza la Corte ha affermato che Alla stregua del quadro normativo attuale, e degli attuali arresti interpretativi della Corte di Giustizia e della stessa Cassazione in merito, la conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata (la violazione degli obblighi di assistenza da parte della convenuta, in mancanza di specifiche allegazioni degli attori, non può ritenersi idonea a giustificare una sofferenza di gravità tale da far sorgere un diritto risarcitorio) appare corretta.

Soccorre in questo senso la sentenza n. 83 del 13.10 2011 della Corte di Giustizia UE, III sezione, resa nel procedimento C-8310, la quale esclude che la fonte dell’obbligo risarcitorio del danno non patrimoniale possa essere considerata in questo caso la stessa fonte sovranazionale , interpretata nel senso che, a fronte della violazione di quegli obblighi, attribuisca la dignità di danno risarcibile al disagio ed allo stress che il passeggero deve subire in conseguenza di tali inadempimenti contrattuali.

Con questa sentenza i Giudici di Lussemburgo sono stati chiamati a pronunciarsi in via pregiudiziale, in merito all’interpretazione degli artt. 2, lett) e 12 del Regolamento (CE) n. 261/2004 concernente regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato.

La Corte risolve la seconda questione dichiarando che la nozione di «risarcimento supplementare», di cui all’art. 12 del regolamento n. 261/2004, deve essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale, alle condizioni previste dalla convenzione di Montreal o dal diritto nazionale, di concedere il risarcimento del danno, incluso quello di natura morale, occasionato dall’inadempimento del contratto di trasporto aereo. Per contro, il giudice nazionale non può utilizzare la nozione di «risarcimento supplementare» quale fondamento giuridico per condannare il vettore aereo a rimborsare ai passeggeri, il cui volo ha subito un ritardo oppure è stato cancellato, le spese che gli stessi hanno dovuto sostenere a causa dell’inadempimento da parte del citato vettore degli obblighi di sostegno e assistenza di cui agli artt. 8 e 9 di tale regolamento.

Dalle affermazioni contenute nella sentenza citata si ricava che il fondamento normativo per il risarcimento del danno non patrimoniale, derivante da violazione degli obblighi di assistenza a terra dei passeggeri non possa reperirsi direttamente nella fonte sovranazionale, ed in particolare ne’ nell’art. 9 ne’ nell’art. 12, ma debba farsi riferimento alla Convenzione di Montreal del 1999 se applicabile o comunque alle norme dell’ordinamento interno e ai limiti da questo fissati al risarcimento stesso.

E quindi, laddove come nella specie, il passeggero con volo cancellato o lungamente ritardato, soggetto ad una prolungata permanenza in aeroporto durante la quale la compagnia aerea non gli abbia prestato l’assistenza prescritta dall’art. 9 del Reg. CE n. 261 del 2004, la sua domanda di risarcimento del danno non patrimoniale derivante dal disagio subito a causa della mancata assistenza va incontro ai limiti interni alla risarcibilità del danno non patrimoniale, fissati da Cass. S.U. n. 26972 del 2008; di conseguenza essa deve escludersi, non essendo neppure ipotizzata nè ipotizzabile una ipotesi di reato, non rientrando in una ipotesi di danno non patrimoniale risarcibile espressamente prevista dalla legge (interna o sovranazionale) e non essendo riconducibile alla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale.

Il giudice di pace, sulla base delle su esposte considerazioni, ha riconosciuto agli attori il diritto alla compensazione pecuniaria ex art. 7, comma primo, del regolamento 261/04, mentre ha rigettato la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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