Per la Cassazione ai fini della configurabilità del reato è sufficiente che l’azione, in questo caso un abbraccio forzato, si compia in modo insidiosamente rapido superando la volontà contraria del soggetto passivo e ponendolo nell’impossibilità di difendersi

Era stato condannato in sede di merito per il reato di violenza sessuale in danno di una vicina di casa, con riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 609 bis comma 3 del codice penale, in base al quale “nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”. In base a quanto accertato, l’imputato aveva improvvisamente afferrato la donna per un braccio mentre questa le tendeva la mano per salutarlo e l’aveva attirata in un abbraccio forzato in cui vi fu il contatto fisico tra i due corpi, compresi i genitali, e il toccamento laterale del seno.

L’uomo, nel ricorrere per cassazione, eccepiva, tra l’altro, la violazione di legge in relazione alla sussistenza del delitto contestato. In particolare, assumeva che la Corte territoriale aveva erroneamente ravvisato gli elementi oggettivi e soggettivi del reato. A suo avviso, invece, restando ferma la natura “sessuale” degli atti, mancavano i requisiti della violenza e dell’assenza di consenso da parte della persona offesa. Peraltro sarebbe stata quantomeno carente la prova del dolo, che – sempre secondo il ricorrente- non emergeva dalla modalità del fatto come descritto dalla persona offesa nella querela sporta, nonché dalle sommarie informazioni rese dalla medesima.

Di conseguenza l’imputato sosteneva che i giudici del merito fossero incorsi in una serie di errori.

Nello specifico: la persona offesa aveva affermato in querela che l’imputato l’aveva informata che la moglie non era in casa e, quindi, non corrispondeva al vero che fosse stata indotta ad entrare in casa dello stesso con l’inganno; la persona offesa non sarebbe stata costretta ad entrare nell’abitazione dell’imputato; la donna, infine, non avrebbe manifestato un chiaro dissenso a fronte degli approcci dell’imputato.

La Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 378/2020 ha ritenuto il ricorso inammissibile in quanto reiterava le stesse doglianze già dedotte in entrambi i gradi del giudizio di merito. Queste erano state sempre disattese con motivazione adeguata, immune da vizi logici e aderente alle emergenze processuali.

I Giudici Ermellini, inoltre, hanno sottolineato che, in base alla giurisprudenza di legittimità, in tema di violenza sessuale, l’elemento oggettivo consiste anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, come per l’appunto un abbraccio forzato, “compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso”.

In altri termini, ai fini della configurabilità del reato non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo così ponendola nell’impossibilità di difendersi.

Nel caso in esame, i giudici di merito si erano attenuti a tali principi, avendo accertato che, a causa la repentinità degli atti realizzati dall’imputato, la persona offesa fu colta di sorpresa e non potè difendersi. Tale condotta, quindi, integra la materialità del delitto di violenza sessuale, sia pure nella riconosciuta forma attenuata.

La redazione giuridica

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