Assegno di divorzio: il criterio del tenore di vita è definitivamente superato

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Il parametro del tenore di vita non è più il fattore primario dell’attribuzione dell’assegno di divorzio, quel che conta è la concreta incidenza nella conduzione della vita familiare da parte del coniuge richiedente

La vicenda

La Corte d’Appello di Trieste aveva confermato l’attribuzione e la determinazione dell’assegno di divorzio posto a carico dell’ex coniuge in favore della moglie, nella misura di 2.000 euro mensili, come stabilito dal giudice di primo grado. A sostegno della propria decisione aveva affermato che la beneficiaria, invalida al  60%, aveva sessant’anni ed era proprietaria della sola casa dove viveva che, pertanto, non era produttiva di reddito.

L’obbligato aveva, invece, ottime capacità patrimoniali costituite da cespiti immobiliari e titoli non paragonabili ai modesti risparmi e al patrimonio immobiliare dell’ex moglie. Il suo reddito era di circa 90.000 euro all’anno.

L’assegno era stato disposto in relazione al tenore di vita goduto durante il matrimonio grazie alle disponibilità di quest’ultimo.

Il ricorso per Cassazione

Contro tale decisione l’obbligato ha proposto ricorso per cassazione lamentando l’errata e illegittima applicazione del criterio di attribuzione dell’assegno di divorzio individuato nel tenore di vita goduto nel matrimonio, nonché la determinazione dello stesso in relazione alla durata del vincolo, senza tenere in debito conto che l’ex moglie non si era mai attivata nella ricerca di una nuova attività lavorativa dopo essersi volontariamente dimessa dall’ottima posizione precedentemente ricoperta, in particolare, ella aveva rifiutato una proposta di lavoro che le avrebbe assicurato uno stipendio di oltre 20.000 euro netti all’anno.

Il ricorso è stato accolto. I giudici della Prima Sezione Civile della Cassazione (n. 32398/2019) hanno ricordato che a seguito dell’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 18287/2018: “l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive non può più fondarsi sul parametro del tenore di vita potenziale, ancorché assunto come limite massimo, ma deve essere tratto dagli espliciti criteri contenuti nella prima parte dell’art. 5, comma 6 ed in particolare, dal concreto atteggiarsi dei ruoli endofamiliari nel corso del matrimonio e dall’incidenza del contributo fornito per la conduzione della vita familiare, per la formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge, riconoscendosi all’assegno una funzione in misura pari ordinata e concorrente assistenziale, perequativa e compensativa”.

La comparazione delle situazioni economico-patrimoniali delle parti

La comparazione tra le situazioni economico-patrimoniali e reddituali delle parti, non costituisce di conseguenza, come nel pregresso orientamento fondato sul parametro del tenore di vita, il fattore primario dell’attribuzione dell’assegno di divorzio, ben potendo non operare più come elemento determinante, ove gli altri indicatori (la durata, l’età, le ragioni della decisione) ed in particolare la concreta conduzione della vita familiare conducano a ritenere che lo squilibrio economico-patrimoniale e reddituale delle parti, non sia stato determinato o favorito dalle scelte comuni cui è stata improntata la vita familiare. Tale accertamento – hanno chiarito gli Ermellini – può essere effettuato anche presuntivamente sulla base del suo effettivo svolgersi, in relazione ai tempi ed ai modi con i quali il contributo degli ex coniugi si è manifestato.

Ma anche qualora, il su menzionato squilibrio di natura economica non sussista, è comunque necessario verificare, se vi sia stato da parte dell’ex coniuge richiedente – che abbia svolto un ruolo preminente nella conduzione della vita familiare -, un sacrificio delle proprie aspettative professionali e lavorativa potendo in tale ipotesi, la contribuzione dell’altro coniuge operare in funzione compensativa, sia in relazione alle potenzialità reddituali ed economiche perdite che all’impossibilità di recuperare il tempo impiegato all’interno del nucleo familiare, in chiave di rispristino della personale capacità professionale e reddituale.

La durata del vincolo e l’età del richiedente

Si possono infine, verificare situazioni concrete nelle quali gli indicatori normativi che concorrono all’attribuzione dell’assegno non trovino ingresso, in ragione della limitata durata del vincolo o dell’età del richiedente, ancora adeguata all’ingresso nel mercato del lavoro e/o del mancato svolgimento di un ruolo determinante o concorrente nella conduzione della vita familiare; e situazioni nelle quali risulti indifferente lo squilibrio economico patrimoniale e reddituale tra gli ex coniugi conseguente allo scioglimento del vincolo, ai fini dell’attribuzione dell’assegno di divorzio ad esempio, quando in sede separativa, vi sia stata una definizione dei rapporti economico patrimoniali che abbia anche tenuto conto degli effetti pregiudizievoli della cessazione del rapporto sulla sfera economico patrimoniale di quello degli ex coniugi che abbia svolto un ruolo preminente nella conduzione di vita familiare, ovvero quando la funzione perequativa e compensativa dell’assegno si stata preventivamente soddisfatta dalle attribuzioni eseguite da uno dei coniugi nei confronti dell’altro prima dello scioglimento del vincolo.

Appare dunque evidente che una condizione economico-patrimoniale e reddituale paritaria che non risulta influenzata, positivamente o negativamente dalle scelte di conduzione della vita familiare cristallizzate nel concreto atteggiarsi dei ruoli dei coniugi al suo interno, porta ad escludere il riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio, così come condizioni di agiatezza particolarmente elevate.

Per queste ragioni il ricorso è stato accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio, ave

La redazione giuridica

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