Legittimo il provvedimento del giudice di merito che riduce l’assegno di divorzio perché il coniuge risiede in una città a elevato costo della vita e spende molti soldi per curarsi

La vicenda

La Corte d’Appello di Catanzaro, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva riconosciuto in favore dell’ex coniuge un assegno divorzile dell’importo di 400 euro mensili a carico del ricorrente.

A sostegno della propria decisione la Corte territoriale aveva rilevato che la situazione economico patrimoniale della donna non fosse di autosufficienza economica e che doveva, pertanto, esserle riconosciuto un contributo a titolo di assegno di divorzio da ridursi rispetto alla decisione di primo grado in relazione all’elevato costo della vita nella città di Roma ove l’obbligato risiedeva e tenuto anche conto dei costi da quest’ultimo sostenuti per la cura e l’assistenza dovute alle sue condizioni di salute, delle sue disponibilità reddituali e delle sue complessive condizioni economico patrimoniali.

Contro tale pronuncia l’ex moglie ha proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione dell’art. 5, c.6, L. n. 898 del 1970 per aver la Corte d’Appello omesso di valutare le circostanze nuove dedotte in giudizio, fondando la propria decisione sulla situazione cristallizzatasi nella decisione di primo grado.

Ma la censura è stata dichiarata manifestamente infondata (Sesta Sezione Civile, ordinanza n. 174/2020).

Come è noto “nei procedimenti di separazione e divorzio, gli elementi di fatto che possono incidere sull’attribuzione e determinazione degli obblighi economici, ove verificatisi in corso di causa, devono essere presi in esame nel corso del giudizio, in quanto governato dalla regola rebus sic stantibus e trovando applicazione il giudizio di revisione ex art. 9 L. n. 898 del 1970 soltanto in relazione ai fatti successivi all’accertamento coperto da giudicato, dovendo le altre emergenze essere esaurite nei gradi d’impugnazione relativi al merito”. (Cass. 3925 del 2012 nella quale è affermata l’ammissibilità di nuova domanda anche in corso di causa; 1824 del 2005).

Parimenti infondato è stato ritenuto il secondo motivo di ricorso relativo all’omessa esecuzione d’indagini istruttorie relative all’obbligato. Al riguardo, i giudici di merito avevano compiuto accertamenti di fatto comparativi selezionando insindacabilmente gli elementi ritenuti di più incisiva rilevanza e come tali insindacabili in sede di legittimità.

Per tutte queste ragioni il ricorso è stato rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

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