Caduta a terra in ufficio per una distorsione, si all’indennizzo Inail

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caduta a terra

Accolto il ricorso di una dipendente ministeriale che si era vista respingere la domanda di indennizzo il danno biologico riportato in seguito una caduta a terra in ufficio

Con l’ordinanza n. 17336/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di una cittadina che si era vista rigettare, in sede di merito, la domanda proposta nei confronti dell’INAIL finalizzata – sul presupposto di avere sofferto, in ragione di un infortunio sul lavoro, un danno biologico pari al 7%- la corresponsione del relativo indennizzo in conto capitale, con decorrenza ed accessori come per legge. La donna, dipendente del Ministero della Giustizia in servizio presso l’Ufficio di Procura del Tribunale di Palermo, si era alzata dalla propria scrivania per prelevare i fascicoli dal tavolo su cui il messo addetto li aveva poggiati, onde posarli sulla scrivania per visionarli e apporre il visto di chiusura, e a seguito di una distorsione era caduta a terra.

La Corte di appello, in particolare, aveva rilevato, a fondamento della decisione, che non era in contestazione tra le parti che il sinistro si fosse verificato sul luogo di lavoro e durante il turno di servizio della richiedente, ma dalle prove assunte non erano emersi elementi probatori atti ad accertare con verosimile certezza la dinamica del sinistro ovvero la sua riconducibilità alla nozione di infortunio sul lavoro.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente eccepiva che il Giudice di secondo grado avesse errato nel non avere considerato che l’infortunio si era comunque verificato in “occasione di lavoro”, così come prevede l’art. 2 del TU n. 1124/1965, quando, cioè, vi è un collegamento con l’attività di lavoro che, nel caso in esame, non era mai stata contestata ed anzi era emersa dalle risultanze istruttorie e dalle conclusioni del CTU.

Gli Ermellini, hanno ritenuto fondata la doglianza proposta.

Il Collegio territoriale, infatti, non aveva applicato correttamente l’art. 2 del DPR n. 1224 del 1965 che, secondo l’orientamento consolidatosi in sede di legittimità (Cass. n. 6 del 2015 e Cass. n. 12779/12), è stato interpretato nel senso che l’occasione di lavoro di cui all’art. 2 del DPR n. 1224 del 1965 ricomprende tutte le condizioni, incluse quelle ambientali, e socio-economiche in cui l’attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall’apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, con il solo limite del cd. rischio elettivo: rischio che però nel caso in esame non era stato dedotto né ravvisato.

La Cassazione ha inoltre ribadito che l’indennizzabilità dell’infortunio subito dall’assicurato sussiste anche nell’ipotesi di rischio improprio, non intrinsecamente connesso, cioè, allo svolgimento delle mansioni tipiche del lavoro svolto dal dipendente, ma insito in una attività prodromica e strumentale allo svolgimento delle suddette mansioni e, comunque ricollegabile al soddisfacimento delle esigenze lavorative, a nulla rilevando l’eventuale carattere meramente occasionale di detto rischio, atteso che è estraneo alla nozione legislativa di occasione di lavoro il carattere di normalità o tipicità del rischio protetto; conseguentemente, l’occasione di lavoro, di cui all’art. 2 dpr. N. 1124 del 1965, è configurabile anche nel caso di incidente occorso durante la deambulazione all’interno del luogo di lavoro.

La redazione giuridica

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