Una donna cita a giudizio dinanzi il Tribunale di Velletri (sentenza n. 1687 del 1 dicembre 2020), per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del ricovero presso la Struttura di Pomezia dove era stata trasportata a causa di una crisi di ipertensione

Dopo due giorni i familiari della donna riscontravano diverse ecchimosi sugli arti superiori che non erano presenti al momento del ricovero, tanto che la paziente veniva sottoposta ad esami radiografici da cui emergeva la frattura dell’omero dx e sx, con lussazione a dx.

Allegando, quindi, una responsabilità per colpa in capo alla Struttura la donna quantifica i danni nella misura di euro 195.330,00.

Si costituisce in giudizio la Struttura sanitaria eccependo che le lesioni riportate dalla donna erano già presenti prima del ricovero.

Il Tribunale svolge la disamina sulla natura della responsabilità professionale, soffermandosi sulla novella del 2017.

La finalità della Legge Gelli, precisa, è stata quella di arginare il fenomeno della medicina difensiva e il contenuto, distingue tra la natura contrattuale della responsabilità civile delle strutture sanitarie e quella prettamente extracontrattuale prevista per il sanitario.

Nel novembre del 2019 la Suprema Corte ha valutato una serie di problematiche e ha approfondito la tematica della causalità materiale, in funzione dell’onere della prova, ponendo l’attenzione sulla differenza tra la violazione delle regole della diligenza professionale rispetto alla causalità materiale nella produzione del danno /evento.

Un aspetto cruciale della responsabilità professionale è senz’altro il requisito del nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso e il pedissequo regime probatorio.

Tale accertamento costituisce un prius logico rispetto ad altre questioni attinenti all’aspetto soggettivo della condotta del sanitario con la conseguenza che, in caso di difetto di prova del nesso di causalità, viene meno la necessità di accertare se l’esecuzione dell’intervento sia facile e abituale, ovvero implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà.

Pacifico che l’accertamento del rapporto di causalità vada compiuto secondo il criterio della preponderanza dell’evidenza, ovverosia secondo la regola del più probabile che non.

Pacifico, altresì, che la valutazione dell’idoneità della condotta del sanitario a provocare il danno debba essere correlata alle condizioni del paziente medesimo.

Così argomentato, il Tribunale precisa che la vicenda è disciplinata dalla normativa previgente alla Legge Gelli del 2017, ovverosia dalla legge Balduzzi 2012, secondo cui sia Struttura che Medico rispondono in termini contrattuali, e che la domanda della donna è priva di fondamento.

La paziente fonda la domanda di responsabilità sulla incuria con la quale la Struttura le avrebbe prestato assistenza dopo l’ingresso in pronto soccorso lasciandola priva di sorveglianza e senza alcuna precauzione, nonostante lo stato di incoscienza, conseguendone che i traumi poi refertati sarebbero stati provocati, verosimilmente, da una caduta dal letto.

Dalla CTU emerge che: “La cartella clinica di pronto soccorso del 16/12/2012 riporta che la paziente, alle ore 11,06 (ora dell’arrivo col 118), era in ” stato confusionale in crisi ipertensiva “, ma ” cosciente e collaborante muove i quattro arti esegue gli ordini in respiro spontaneo “, cui segue il ricovero in reparto degenza. Alle ore 11,08 l’attrice veniva presa in carico dal reparto di pronto soccorso e alle 11,11 il sanitario annotava che la paziente aveva rappresentato crisi comiziale risolta con somministrazione di Diazepam endovena (Valium) ed ossigeno in maschera “. Quindi, alle 11,37 quando ancora la paziente si trovava nel pronto soccorso, veniva sottoposta ad esame radiologico del torace dai cui radiogrammi – come rilevato dal radiologo chiamato a consulenza – “si può rilevare che presentava una lussazione completa della testa femorale di destra associata a frattura scomposta dell’omero prossimale di aspetto recente, con distacco del trochite; a sinistra nei radiogrammi è visibile soltanto il limite inferiore della glena scapolare ed una piccola porzione della metafisi prossimale dell’omero. Parzialmente sovrapposto al limite inferiore della glena, si rileva un corpo calcifico – al successivo esame rx della spalla sx eseguito il 21.12.2012 è possibile inquadrare tale alterazione quale frammento osseo distaccato in frattura scomposta di aspetto ingranato della testa omerale, anch’essa di aspetto recente e di conseguenza verosimilmente già presente alla data del 6.12.2012 “.

Ne deriva, che il trauma agli arti superiori lamentato dalla paziente, veniva accertato dopo 31 minuti dall’ingresso della paziente.

Già al momento del trasporto al pronto soccorso, la donna manifestava una “crisi comiziale, plausibilmente legata alla sospensione del farmaco anti -epilettico specifico e per la quale veniva somministrato Diazepam 1 fl. La paziente al suo risveglio all’esame obiettivo condotto non presentava particolari problemi, viene, anzi, riferito “uno stato di disorientamento a cui fa seguito una condizione di soggetto vigile e collaborante “.

Risulta inoltre che, durante le visite in pronto soccorso condotte in momenti diversi, la paziente “muove i quattro arti e non viene riferito alcun dolore durante tali movimenti”.

In un secondo esame radiografico del torace, eseguito alle ore 14,34 del 18/12/2012, risulta “Frattura pluriframmentaria della testa dell’omero bilateralmente con lussazione bilaterale scapolo -omerale più evidente a destra”. Invariati gli altri reperti cui seguiva un esame TC del torace, alle ore 15,42 dello stesso giorno, con diagnosi di “Frattura pluriframmentaria della testa dell’omero destro con lussazione scapolo -omerale anteriore sottocoracoidea. Frattura pluriframmentaria della testa dell’omero sinistro con parziale lussazione scapolo -omerale posteriore. Non evidenti falde di PNX. Non si evidenzia no nelle sedi di frattura bilateralmente immagini suggestive per processi osteoriparativi “.

Ebbene, non vi è dubbio sulla censurabilità del comportamento dei medici della struttura sanitaria che dopo il primo esame radiografico del 16/12/2012 non si sono accorti delle fratture degli omeri di entrambe le spalle e che solo dopo due giorni veniva richiesta per la prima volta una consulenza ortopedica che, poi, è stata refertata dallo specialista.

Ma ciò, specifica il Giudice, non significa che i traumi refertati siano stati provocati all’interno della struttura ospedaliera e che possano collocarsi nell’arco dei trentuno minuti decorrenti dall’ingresso al pronto soccorso e il primo esame radiografico eseguito alle ore 11,37.

Non risulta alcun evento che possa far ritenere che la paziente sia accidentalmente caduta dalla barella, anzi, i dati clinici portano alla conclusione opposta.

Nella CTU viene specificato che “nel prelievo ematico effettuato al pronto soccorso alle ore 11,27 veniva riscontrato, oltre all’elevato valore di glicemia e di CK – MB, un elevato valore di LDH, sintomatico di patologie diverse “perché l’enzima si trova in molti tessuti diversi; tra le patologie che causano un aumento: ictus; anemia emolitica e perniciosa; infezioni come la mononucleosi infettiva, la meningite, l’encefalite e l’HIV; infarto intestinale e polmonare; malattie dei reni; malattie del fegato; distrofia muscolare; pancreatite; fratture ossee; tumore del testicolo , linfoma o altri tipi di tumore”.

La paziente, in particolare, non soffriva di alcuna delle patologie indicate dal Consulente, conseguentemente l’aumento del valore di LDH non può che riferirsi alle fratture dell’omero già presenti all’ingresso in pronto soccorso.

Il CTU ha richiamato anche il responso radiologico circa la plausibile datazione delle fratture, nella parte in cui lo specialista  ha riferito che ” L’articolazione scapolo -omerale sinistra è minimamente compromessa nella sua porzione inferiore nel campo di vista dell’esame. A tale livello si osserva la presenza di immagine radiopaca di aspetto verosimilmente osseo come per frammento proiettivamente a livello dei tessuti molli distalmente al limite inferiore della glena “, per poi soggiungere che tale frattura ” … poteva andare dal tempo ZERO (quindi l’orario di esecuzione della radiografia, ben all’interno della struttura sanitaria), sino a circa 15 giorni prima “.

A fronte di tali elementi, secondo il Tribunale non appare decisiva la prova testimoniale in considerazione della mancata prova circa il nesso di causalità materiale tra condotta ed evento.

Al contrario, vi sono più dati clinici che portano ad escludere che le fratture refertate siano state provocate dopo l’ingresso in ospedale.

Per tali ragioni la domanda viene rigettata con condanna alle spese di lite.

La decisione commentata si presenta molto interessante nel punto di disamina giurisprudenziale e nel lucido accento posto sulla circostanza che la causalità materiale non è assorbita dall’inadempimento.

Si ritiene anche estremamente lucida la considerazione che le manchevolezze dei medici del PS sulla superficialità del primo esame radiologico non legittimano la tesi che i traumi siano eziologicamente ascrivibili ad omissione professionale.

Avv. Emanuela Foligno

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