Respinta la richiesta risarcitoria della vittima della caduta sul campo da golf per la condotta imprudente e non conforme ai luoghi (Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n. 11122/21 depositata il 28 aprile 2021)
I Giudici di merito ritengono il comportamento dell’uomo, vittima di una caduta sul campo da golf, non adeguato al contesto, data l’ubicazione all’interno di un centro sportivo, ed escludono la responsabilità del titolare della struttura, respingendo la richiesta risarcitoria.
Difatti, il Tribunale di Trento, con sentenza pubblicata il 12 maggio 2017, rigettava la domanda, sul rilievo della carenza di prova del nesso eziologico tra i danni lamentati dall’attore e la cosa posta in custodia della parte convenuta, costituita da un centro sportivo.
La Corte di appello di Trento, con sentenza pubblicata il 31 luglio 2018, rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante alle spese di giudizio.
La vicenda approda in Cassazione dove l’uomo deduce essere “illogico parlare di caso fortuito semplicemente alla luce della condotta della vittima, qualificata come negligente senza esaminare se quella condotta potesse ritenersi imprevedibile, eccezionale o anomala, da parte del titolare della struttura”.
Il primo motivo inerente l’errata applicazione dell’art. 1227 c.c. è infondato.
In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, viene ribadito che il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, ed è sufficiente per la sua configurazione la dimostrazione del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva.
Nel valutare l’applicabilità dell’art. 1227 c.c. è necessario considerare il dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost..
Pertanto, in tale ottica, “quanto più la situazione di possibile danno è prevedibile e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle normali cautele, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.
La Corte d’Appello ha correttamente applicato tali criteri ritenendo che il danneggiato non abbia assolto l’onere probatorio, posto a suo carico, circa il nesso eziologico tra la cosa in custodia e i pregiudizi lamentati, sottolineando l’assenza di prova adeguata dell’esistenza di una buca nel terreno che ne avrebbe cagionato la caduta.
Oltre a ciò, il secondo Giudice ha considerato che la caduta sia “verosimilmente occorsa in un contesto difforme rispetto a quello di normale utilizzo della cosa oggetto di custodia (terreno di un campo di minigolf)”, valutando, inoltre, che al momento della verificazione del sinistro vi erano condizioni di visibilità ottimali, tali da consentire la visibilità di anomalie del terreno qualora avesse tenuto la dovuta cautela.
Pertanto, è stata accuratamente valutata la condotta del ricorrente danneggiato.
Col terzo e il quarto motivo il ricorrente sostiene che la Corte di merito, non solo non avrebbe valutato la prova testimoniale, ma si sarebbe limitata a definire tale dichiarazione non idonea ai fini della credibilità dei fatti, senza peraltro motivare sull’attendibilità della teste e sulla sua buona fede, in tal modo rendendo palese la mancanza di un prudente e diligente apprezzamento delle risultanze probatorie.
I motivi sono inammissibili poiché finalizzati ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie non consentita in legittimità.
La Suprema Corte rigetta integralmente il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 3.200,00 oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, e accessori di legge.
Avv. Emanuela Foligno
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