Caduta sulle scale condominiali rese scivolose dallo stillicidio dell’acqua

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caduta sulle scale condominiali

Le scale condominiali sono ben illuminate oltreché ben conosciute alla stessa danneggiata, e quindi, lo stato dei luoghi era evidentemente ben apprezzabile e non può essere dedotta la responsabilità del proprietario neppure in ragione dell’ art. 2043 c.c. (Tribunale di Roma, Sentenza n. 18715/2021 del 30/11/2021-RG n. 2073/2017)

L’attrice ha citato in giudizio il Condominio, chiedendo di accertarne la responsabilità per i danni subiti a seguito del sinistro occorso in data 2 giugno 2015 alle ore 20,30 circa, in cui ha subito lesioni personali per essere caduta sulle scale condominiali, rese scivolose dallo stillicidio dell’acqua, sbattendo la testa ed il ginocchio destro.

L’evento provocava diagnosi di “trauma cranico con piccola rima di frattura della volta dell’orbita destra”.

Il Tribunale non ritiene sussistenti i presupposti per l’applicazione dell’art. 2051 c.c., né quelli del l’art. 2043 c.c..

La regola di diritto applicabile al caso di specie, va individuata nella disciplina di cui all’art 2051 c.c., che configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva per la cui sussistenza è necessario che ricorra, e sia stato provato dal danneggiato, il nesso materiale tra la “res” che taluno abbia in custodia e il danno da essa arrecato”.

Deve escludersi l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. nelle ipotesi in cui la res abbia avuto un ruolo del tutto inerte e passivo nella causazione del danno. Per l’applicazione dell’art. 2051 c.c. è necessario che il danno sia stato arrecato “dalla cosa”. Sussiste questo requisito quando la cosa in custodia non entra come mera occasione nel processo produttivo del danno, ma è essa stessa causa o concausa del danno: vuoi perché arrecato dalla cosa direttamente, a causa del suo intrinseco potere, vuoi perché arrecato da un agente o processo dannoso insorto od eccitato nella cosa.

L’art. 2051 c.c., infatti, configura un’ipotesi di responsabilità per la cui sussistenza è necessario che ricorra e sia stato provato dal danneggiato, il nesso materiale tra la “res” in custodia ed il danno da essa arrecato.

Grava così in capo all’attore l’onere probatorio del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo, ovvero del sinistro occorso, mentre il convenuto deve dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità – cioè il caso fortuito – in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode.

L’attrice, a sostegno della domanda, ha dedotto di essere caduta sulle scale condominiali, rese scivolose dallo stillicidio di acqua che cadeva dalle piante annaffiate ai piani superiori.

Inoltre, le scale in questione sono prive di rivestimento anti-scivolo e di corrimano.

Il Giudice, esaminato il materiale fotografico osserva che le scale hanno dei gradini molto molto ampi e la alzata degli stessi è molto moderata.

Non si tratta, dunque, di scale che possano definirsi in alcun modo “pericolose” od insidiose in quanto sono molto spaziose, anche laddove vi fosse dell’acqua.

Per contro, non risulta provato lo stillicidio dell’acqua proveniente dai piani superiori.

Infatti le scale in questione risultano coperte dal pavimento del terrazzo sovrastante sicchè, se anche al piano superiore o ai piani superiori si fosse annaffiato, cosa peraltro rimasta non provata, l’acqua sarebbe scesa verosimilmente fuori dal perimetro delle scale stesse.

Non coglie nel segno neppure il rilievo che le scale siano prive di corrimano essendo le stesse facilmente percorribili e, all’apparenza, prive di insidie, in quanto costituite, da gradini molto ampi che lasciano ampio margine di scelta ove porre il piede, e con un’alzata bassa che non sembra necessitare di un corrimano per essere superata.

Infine, non risulta provata la circostanza se la danneggiata sia caduta scendendo o salendo le scale, scale che oltretutto ben conosceva, abitando nel Condominio.

La danneggiata non ha adempiuto al proprio onere di prova non provando che la caduta è stata provocata da uno stato perturbato della res, che, diversamente dagli altri giorni in cui l’abbia percorsa, avrebbe determinato la caduta.

Il nesso causale va escluso in tutte le ipotesi in cui l’evento dannoso sia invece riferibile al caso fortuito. Tale ipotesi è da ritenere sussistente anche ove lo stesso evento sia esclusivamente ascrivibile alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il rapporto eziologico tra res e danno (tra le varie, Cass. 5578/2003).

In particolare, come statuito in sede di legittimità, ” il giudizio sulla autonoma idoneità causale del fattore esterno estraneo alla cosa ” ( e tra questi anche la condotta del soggetto danneggiato) ” va adeguato alla natura della cosa e alla sua pericolosità, nel senso che tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere superata attraverso la adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo (costituente fatto esterno) nel dinamismo causale del danno, fino ad interrompere il nesso eziologico tra c osa e danno e ad escludere dunque la responsabilità del custode ” (Cass. 584/2001).

Del tutto verosimile, pertanto, che la caduta sia dipesa da una disattenzione nell’incedere messa in atto dalla stessa parte lesa.

Le scale condominiali sono ben illuminate oltrechè ben conosciute alla stessa danneggiata, e quindi, lo stato dei luoghi era evidentemente ben apprezzabile per la parte attrice, la quale non può quindi dedurre la responsabilità del proprietario neppure in ragione dell’ art. 2043 c.c., in virtù del prioritario principio di autoresponsabilità, laddove lo stato dei luoghi, ove effettivamente fosse stato “bagnato” avrebbe imposto cautela nel passaggio .

La domanda della donna viene respinta.

Avv. Emanuela Foligno

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