E’ insindacabile in sede di legittimità la valutazione sul decoro architettonico della canna fumaria appoggiata al muro comune perimetrale di un edificio condominiale

Con l’ordinanza n. 19858/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di una coppia di condomini contro la sentenza con cui la Corte di appello, a conferma della sentenza di primo grado, ordinava la rimozione della canna fumaria da loro appoggiata sul lato est dell’edificio condominiale.

La Corte di appello, nello specifico, aveva fatto riferimento agli art. 1102 e 1107 ed all’art. 7 del regolamento condominiale, in base al quale era vietata l’installazione di canne fumarie che deturpano il decoro del fabbricato. Dissentendo dalle valutazioni del CTU, ad avviso del quale l’edificio in questione non avrebbe alcun pregio estetico, e perciò la canna fumaria non sembrava lesiva del decoro architettonico, il Collegio distrettuale affermava che “nonostante i precedenti interventi praticati sul fabbricato, già pregiudizievoli delle linee e delle simmetrie dello stesso, non poteva consentirsi la installazione della nuova canna fumaria, trattandosi di un ‘grosso tubo di acciaio, non mascherato da rivestimento’ con un evidente ‘gomito di raccordo’, che corre per la metà superiore della facciata principale, fuoriuscendo dalla pensilina del vano scale. Tale canna fumaria avrebbe creato, secondo i giudici del merito una “considerevole stonatura del prospetto”.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte i ricorrenti lamentavano che il Giudice di secondo grado non avesse esplicitato le ragioni per cui aveva ritenuto non attendibile la CTU espletata in primo grado.

I Giudici Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto il motivo di doglianza inammissibile. L’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale, come accertato nel caso in esame, individua – hanno evidenziato dal Palazzaccio – una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno – quest’ultimo – che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito rimanendo insindacabile in sede di legittimità.

Nel caso in esame era inoltre inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. per sostenere la preferibilità delle conclusioni del CTU in punto di “non alterazione del decoro architettonico” ad opera della canna fumaria installata. Il motivo di ricorso era infatti volto a devolvere alla Corte di cassazione le critiche mosse alla mancata adesione da parte dei giudici del merito alle risultanze della consulenza d’ufficio ed alle prospettazioni della consulenza di parte, pur non essendosi la Corte d’appello limitata a dissentire immotivatamente dalle conclusioni della relazione peritale, visto che nella sentenza impugnata erano state spiegate le ragioni del convincimento raggiunto dai giudici e della mancata adesione alle conclusioni prospettate dall’ausiliare.

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