Colpa medica, in caso di imprudenza non è applicabile l’art. 2236 c.c.

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In tema di colpa medica, la limitazione della responsabilità professionale del medico ai soli casi di dolo o colpa grave, di cui all’art. 2236 c.c., non opera nelle ipotesi di imprudenza né, al riguardo, rileva l’astratta conformità della tecnica adottata alle linee guida” (Cassazione Civile, sez. III, 11/12/2023, n.34516).

La vicenda trae origine da un intervento per endometriosi profonda allo stadio IV. Il Tribunale condannava il Dott. D. e l’ASL.  La Corte d’Appello respinge il gravame e osserva che l’intervento, di particolare difficoltà, era stato in generale conforme alle linee guida del momento anche se eccessivamente radicale.

L’analisi si concentra sulla responsabilità nei rapporti interni tra Struttura e Medico.

Il caso

La paziente cita a giudizio il Dott. D., il Dott. M., la Casa di Cura Cellini e la ASL in relazione agli esiti di un intervento chirurgico per endometriosi profonda allo stadio IV, già trattata infruttuosamente in via farmacologica. L’intervento veniva eseguito con tecnica laparoscopica, con asportazione di numerosi noduli. Ne seguivano complicazioni, in particolare si manifestava la complicanza neurologica vescicale.

L’ASL aveva eccepito la propria carenza di legittimazione passiva allegando che la visita ginecologica e gli esami ecografici, all’esito dei quali era stato suggerito l’intervento, erano stati effettuati presso la Clinica Cellini, mentre l’Azienda aveva stipulato con la Casa di Cura Cellini un contratto per la fornitura di posti letto, sale operatorie e supporto assistenziale finalizzato alla gestione dei ricoveri di disciplina. Subordinatamente proponeva domanda di rivalsa nei confronti dei due Medici.

La Casa di Cura controdeduceva che le prestazioni sanitarie erano erogate e dunque di responsabilità dell’ASL.

La decisione dei giudici di primo grado

Il Tribunale respingeva la domanda nei confronti del dottor M. e accoglieva quella avverso il dottor D. e l’ASL, condannando in rivalsa il primo.

La Corte di appello disattendeva il gravame osservando che:

  • l’intervento, di particolare difficoltà, era stato in generale conforme alle linee guida del momento, ma in concreto era stato, con i limiti del ragionamento ex ante, eccessivamente radicale, con denervazione pressoché completa oggettivamente azzardata per imprudenza, in quanto volto a una definitiva eradicazione della patologia ma risoltosi con la suddetta complicanza, e infatti pretermettendo l’adozione della tecnica selettiva nerve sparing, già nota da alcuni anni nella letteratura specialistica sebbene non ancora implementata nelle linee guida, che aveva dimostrato una riduzione delle lesioni neurologiche attorno al 16% e fino a valori minimi dell’1%.
  • L’ASL aveva agito per mezzo dell’ausiliario e dunque rispondeva in solido, anche se con rivalsa integrale attesa l’imputabilità dell’errore al dottor D., laddove quest’ultimo non aveva censurato le ragioni poste in primo grado a supporto dell’assoluzione della Clinica che aveva offerto la logistica.

Il ricorso in Cassazione

Il dott. D.  impugna in Cassazione. In sintesi osserva che l’intervento, di speciale difficoltà, era stato conforme alle linee guida, e dunque corretto come accertato in sede penale, a fronte di una gravissima patologia e di una complicanza, oggetto di previa informazione offerta alla paziente. Secondo la tesi del Medico la complicanza insorta sarebbe del tutto frequente poiché statisticamente rilevata nel 6,8-17,5% dei casi, essendo attribuibile alla lesione dei nervi pelvici. Deduce, inoltre, una errata distribuzione delle responsabilità tra la ASL e il Medico.

Due giudizi di colpa: imprudenza e imperizia

Sulla prima doglianza la S.C. osserva che i Giudici di merito hanno formulato due giudizi di colpa nei confronti del Dott. D.:

  1. imprudenza: l’eradicazione eccessiva e oggettivamente azzardata;
  2. imperizia: la pretermissione di tecniche innovative già conosciute da alcuni anni e idonee alla sensibile riduzione della complicanza insorta.

In ipotesi di imprudenza non è applicabile l’art. 2236 c.c., e la limitazione della responsabilità alla colpa grave non opera.

Non è dirimente l’astratta conformità della tecnica adottata alle linee guida e il Medico ricorrente, affermando che si tratterebbe d’imperizia, in realtà non coglie il senso della decisione di merito e sovrappone i concetti giuridici, laddove l’unico nodo dirimente è l‘eccesso di imprudenza rispetto ai significativi rischi nella scelta della misura dell’eradicazione cui è stata sottoposta la donna.

La seconda doglianza è invece fondata

Nel rapporto interno tra la Struttura sanitaria e il Medico di cui quella si sia avvalsa, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva del Medico di regola viene ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo dell’art. 1298 c.c., comma 2, e art. 2055 c.c., comma 3, in quanto la Struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale, a meno che dimostri un’eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile, e oggettivamente improbabile, devianza del Sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione.

Per superare questo principio, non basta, pertanto, ritenere che l’inadempimento fosse ascrivibile alla condotta del Medico, ma occorre considerare il composito e duplice titolo in ragione del quale la Struttura risponde solidalmente del proprio operato, sicché sarà onere del solvens:

  • a) dimostrare – per escludere del tutto una quota di rivalsa – non soltanto la colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno, ma la derivazione causale di quell’evento dannoso da una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, in un’ottica di ragionevole bilanciamento del peso delle rispettive responsabilità sul piano dei rapporti interni;
  • b) dimostrare – per superare la presunzione di parità delle quote, ferma l’impossibilità di comprimere del tutto quella della struttura, eccettuata l’ipotesi sub a) – che alla descritta colpa del medico si affianchi l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze nell’adempimento del contratto di spedalità da parte della struttura, comprensive di controlli atti a evitare rischi dei propri incaricati, da valutare in fatto, da parte del giudice di merito, in un’ottica di duttile apprezzamento della fattispecie concreta (Cass., 20/10/2021, n. 29001).

La responsabilità per fatto degli ausiliari (art. 1228 c.c.) opera in ogni caso in cui la Struttura operi per il tramite di un Medico che per ciò stesso diviene suo ausiliario. Questo principio resta fermo anche quando l’Azienda sanitaria abbia affidato la logistica, oltre ad alcuni distinti supporti assistenziali, ad altra Struttura, perché il Medico, rispetto alla prestazione relativa al paziente, resta ausiliario della Azienda sanitaria anche se questa si sia accordata, in accertata esternalizzazione, con altri enti, per i mezzi materiali.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa in relazione la decisione impugnata e, decidendo nel merito, limita la rivalsa dell’Azienda Sanitaria Locale nei confronti del Dott. D.  alla misura del 50% della statuita responsabilità, compensando le relative spese.

Avv. Emanuela Foligno

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