Respinto il ricorso contro l’assoluzione del conducente del mezzo pubblico, accusato di lesioni per aver investito il minore, nonostante la condotta imprudente di quest’ultimo

L’autista del bus non risponde del reato di lesioni personali colpose se il minore, con condotta imprudente, insegue il mezzo e viene investito. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 16143/2021 pronunciandosi sul ricorso, presentato ai soli effetti civili, da un ragazzo, all’epoca dei fatti minorenne, contro la decisione di merito che aveva assolto il conducente di un mezzo pubblico finito a giudizio per lesioni personali colpose per aver omesso di adeguare la guida alla condotta imprudente della vittima.

In particolare la sentenza di secondo grado aveva escluso, alla luce della visione del filmato delle telecamere e ritenuta la scarsa attendibilità delle deposizioni testimoniali, che il conducente avesse omesso l’arresto alla fermata, costringendo il minore alla rincorsa, ed aveva affermato l’esistenza di un ragionevole dubbio in ordine alla prevedibilità della situazione di pericolo e all’evitabilità del sinistro da parte dell’imputato.


Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva che la sua versione era stata confermata dalle deposizioni testimoniale e dalle stesse dichiarazioni dell’imputato e che la sua condotta, sebbene imprudente, non poteva essere considerata imprevedibile, con conseguente inapplicabilità del principio dell’affidamento, atteso che “quando l’agente ha un obbligo di controllo e sorveglianza nei confronti di terzi o quando sia possibile prevedere che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la circolazione, la possibilità di fare affidamento sulla altrui diligenza viene meno”.

I Giudici Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto infondata la doglianza proposta.

La sentenza impugnata aveva infatti evidenziato che l’autista dopo essersi fermato per consentire l’accesso dei passeggeri al mezzo, non poteva aspettarsi l’imprudente rincorsa da parte del minore e che probabilmente non aveva avvertito il rumore dei colpi sferrati dal minore sulla porta del bus, avvertibili dall’esterno, ove era posta la telecamera, ma assai dubbio, invece, che potessero essere distinti dall’interno di un bus gremito di giovani.

A fronte di tale ricostruzione, ritenuta “del tutto plausibile”, il giovane, anziché individuare “elementi di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione”, aveva invocato “asseriti elementi indiziari (il ritardo accumulato dall’autista, la sua fermata di pochi secondi al capolinea) a sostegno della propria prospettazione, senza, tuttavia, neppure indicare gli atti da cui sarebbero desumibili, per cui il ricorso non è neppure autosufficiente”.

La redazione giuridica

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