La Cassazione afferma che il genitore non può più pretendere dall’ex coniuge un contributo nel mantenimento del figlio convivente se questi perde il lavoro

La Corte di Cassazione con una pronuncia del 16 maggio 2017 ha fornito chiarimenti in merito al contributo nel mantenimento del figlio convivente, da parte dell’ex coniuge, qualora questi perda il lavoro.

Ebbene, secondo gli Ermellini, il genitore non può più pretendere dall’ex coniuge un contributo nel mantenimento del figlio convivente in tale circostanza.

Infatti, il figlio che in passato abbia iniziato ad espletare un’attività lavorativa, ha determinato la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento ad opera del genitore.

La vicenda

Nel caso di specie, era stato dichiarato il divorzio di una coppia.

Sia il Tribunale che la Corte d’appello avevano rigettato la domanda dell’ex moglie, che chiedeva di ottenere l’attribuzione di un assegno divorzile, di una quota del TFR percepito dall’ex marito e di un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne della coppia.

Secondo la Corte d’appello, però, le condizioni economiche della donna erano migliorate da quando i coniugi si erano separati. Infatti, alla donna era stato riconosciuto il diritto ad un assegno mensile di mantenimento di Euro 150.

Al contrario, quelle dell’ex marito erano rimaste invariate.

Inoltre, la donna beneficiava anche di una pensione di Euro 650 mensili e non era stata fornita alcuna prova del precedente tenore di vita matrimoniale.

La Corte d’appello, pertanto, aveva rigettato sia la domanda di assegno divorzile, sia quella di assegnazione di una quota del TFR dell’ex marito.

Per quel che concerne la domanda di contributo al mantenimento del figlio maggiorenne, la Corte d’appello ha messo in evidenza come quest’ultimo avesse 33 anni e fosse indipendente economicamente.

Questo grazie anche a un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Di conseguenza, anche la domanda riferita al mantenimento del figlio doveva essere rigettata.

L’ex moglie, ritenendo ingiusta la decisione, ha fatto ricorso in Cassazione, specificando che

la Corte d’appello non avrebbe tenuto in considerazione il fatto che vi era una certa disparità di reddito tra i due ex coniugi.

Inoltre, ricordava che il figlio era attualmente disoccupato, essendo stato licenziato dal proprio datore di lavoro.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso della donna affermando che la domanda di contributo nel mantenimento del figlio non poteva essere accolta.

Ciò in quanto bisognava escludere il diritto dell’ex coniuge di ottenere dal marito un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente, al momento non autosufficiente economicamente.

E questo perché in passato il figlio aveva “iniziato ad espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento (se previsto) ad opera del genitore”.

Dunque, per i giudici, una volta che il figlio raggiunge l’indipendenza economica, il genitore convivente non può più pretendere dall’ex coniuge un contributo nel suo mantenimento, a prescindere dal fatto che il figlio, successivamente, perda il lavoro e l’indipendenza economica.

Gli Ermellini hanno quindi confermato integralmente la sentenza resa dalla Corte d’appello e compensato tra le parti le spese processuali.

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