Danno alla vita affettiva e familiare in un particolare caso di lesioni fisiche con l’insorgenza di neoplasia testicolare (Cassazione civile, sez. III, dep. 18/05/2022, n.16027).
Danno alla vita affettiva e familiare, oltre alla perdita di occasioni lavorative e all’insorgenza di neoplasia è quanto contestato dal danneggiato.
L’uomo di rivolge alla Suprema Corte per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli lamentando il non integrale ristoro dei danni patiti a seguito di incidente stradale, con particolare riferimento ai danni alla vita affettiva e familiare, non potendo più svolgere le normali attività che un padre di due ragazzi anni svolge abitualmente
A seguito dell’incidente riportava diverse lesioni a carico del rachide ed era costretto ad indossare un busto rigido per nove mesi. L’incidente e i suoi postumi permanenti gli procuravano la perdita di occasioni lavorative, danni alla salute e alla vita affettiva e familiare, non potendo più svolgere le normali attività di un padre di due ragazzi di 11 e 4 anni.
All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale disponeva il risarcimento della somma di 52.000 Euro.
Il ricorrente proponeva appello, perché riteneva che il danno fosse stato liquidato in misura inferiore al dovuto ed anche perché nel corso del giudizio si verificavano, a causa dell’indispensabile e prolungato trattamento delle fratture direttamente provocate dall’incidente stradale mediante busto steccato, dapprima alcune necrosi e poi una neoplasia testicolare che riteneva fosse in rapporto causale con le terapie necessitate dall’incidente.
Effettuata una terza CTU, per valutare i danni e il nesso causale tra lo svilupparsi del carcinoma e l’originario sinistro nonché le terapie ad esso conseguenti, la sentenza impugnata accoglieva in parte l’appello principale del ricorrente e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava i responsabili del sinistro a pagare oltre all’importo già corrisposto, pari ad Euro 88.724, il residuo importo risarcitorio di Euro 261.315,49.
La Corte d’appello condivideva le conclusioni della terza CTU ritenendo accertata, secondo il criterio probabilistico del più probabile che non, la riconducibilità eziologica della neoplasia testicolare insorta, e trattata chirurgicamente, al necessario trattamento terapeutico con busto steccato in relazione alle lesioni osteoarticolari riportate da quest’ultimo nell’incidente stradale, in particolare al quadro infiammatorio dovuto al cronico sfregamento del busto ortopedico steccato sul testicolo, che aveva agito come concausa nel determinismo del seminioma testicolare.
La CTU stimava il danno biologico di pertinenza oncologica per la perdita della capacità di procreare dei testicoli dopo la maturazione sessuale con conseguente impotenza generandi nella misura integrale del 22% senza operare alcuna decurtazione, e sommando a questo danno specifico gli altri postumi invalidanti riportati dal danneggiato a seguito dell’incidente stimava una invalidità permanente nella misura complessiva del 45%, ben superiore rispetto a quanto riconosciuto in primo grado.
La Corte liquidava il danno in maniera unitaria; affermava, per quanto concerne il danno alla vita affettiva, che l’impossibilità di attendere alle normali occupazioni, ed in particolare di seguire le attività dei figli finché il danneggiato portava il busto era stata tenuta in conto e liquidata all’interno dell’importo riconosciuto a titolo di invalidità temporanea; non avendo provato il ricorrente una seria e apprezzabile compromissione delle dinamiche relazionali successiva a questo periodo negava un danno ulteriore; riteneva assorbito, e quindi integralmente liquidato, il danno alla funzione sessuale nella voce di danno riconosciuta relativa al danno oncologico.
L’uomo si rivolge in Cassazione lamentando l’omesso integrale ristoro del danno alla vita affettiva familiare e deduce che il danno complessivamente riportato, aggravato dagli esiti della necessità di portare per nove mesi il busto, che ha per uniforme parere dei CTU provocato l’insorgere della neoplasia, non sia stato adeguatamente valutato nella sua eccezionalità, e in particolar modo che sia stata sottovalutata l’incidenza del danno alla sfera sessuale in un uomo ancora giovane.
Il motivo è infondato perché si traduce in una diretta critica della CTU, le cui conclusioni sono state recepite dalla sentenza di appello che ha formulato una propria autonoma motivazione, che dà una idonea giustificazione dell’avvenuta liquidazione all’interno di un’unica cifra, dell’intero danno alla persona patito, in tutte le sue sfaccettature considerate per giungere sia al riconoscimento di una cospicua inabilità temporanea, che ad una elevata percentuale finale di invalidità e alla complessiva personalizzazione del danno, sotto il profilo del pregiudizio alla vita di relazione, alla salute ed in particolare alla capacità di procreare, che hanno portato, nel passaggio dal primo al secondo grado e nel sopravvenire di un secondo evento di danno, la patologia tumorale, in rapporto causale con il fatto illecito originario dal quale è derivata la necessità di portare un busto rigido per ben nove mesi, ad elevare l’invalidità permanente al 45%.
Oltretutto, il ricorrente non segnala specifici errori in diritto nel ragionamento motivazionale della Corte d’appello.
La censura viene respinta.
Avv. Emanuela Foligno
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