Nel caso di lesione della salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno cd. esistenziale; è possibile, invece, risarcire il danno morale quale sofferenza interiore patita dal soggetto
L’azione per il risarcimento del danno biologico
La Corte d’appello di Catania aveva condannato l’azienda sanitaria convenuta in giudizio a risarcire ad una paziente la somma di 8.316 euro oltre interessi e spese, quale risarcimento del danno non patrimoniale (ivi compreso il danno biologico) subito a causa della imperita esecuzione di un intervento di estrazione dell’ottavo molare inferiore sinistro: danno rappresentato dalla perdita delle sensibilità e del gusto nei 2/3 della parte anteriore sinistra della lingua.
Contro tale decisione ricorso l’azienda convenuta ha proposto ricorso per cassazione, ma i giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso perché inammissibile (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, ordinanza n. 7024/2020)
È principio ormai noto quello secondo cui nel procedere all’accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito, alla luce dell’insegnamento della corte costituzionale (sentenza n. 235/2014) e del recedente intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private), modificati dall’art. 1, comma 17 della legge 4 agosto 2017, n. 124, deve congiuntamente, ma distintamente valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè, tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (c.d. danno morale, ossia del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione), quanto quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto).
Nella valutazione del danno alla salute, il giudice dovrà, quindi, valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita.
Inoltre, in presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata, nella sua componente dinamico relazionale, solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali ed affatto peculiari: le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano, invece, alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento.
A tal proposito il Supremo Collegio ha affermato che nel caso di lesione della salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno cd. esistenziale, poiché tali categorie o voci di danno rientrano nella stessa area protetta dalla norma costituzionale (art. 32 Cost.).
L’autonoma valutazione del danno morale
Non costituisce, invece, duplicazione risarcitoria la differente e autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 235/2014 (ove si legge che la norma di cui all’art. 139 cod. ass. “non è chiusa anche al risarcimento del danno morale”), e come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell’art. 138 lett. e), cod. ass., introdotta dalla legge di stabilità del 2016.
La Corte ha pertanto ritenuto “priva di fondamento concettuale e substrato fenomenologico la doglianza che ipotizza un pregiudizio esistenziale diverso e suscettibile di essere distintamente risarcito dal danno biologico (che di per sé definisce e racchiude le conseguenze dannose di tipo dinamico relazionale derivanti dalla lesione del diritto alla salute (Cass. n. 28989/2019)”.
La decisione
Parimenti priva di fondamento normativo è l’affermazione secondo cui la liquidazione tabellare del danno imporrebbe comunque una personalizzazione del danno, essendo invece vero proprio il contrario, ossia che, come detto, la personalizzazione del danno presuppone l’esistenza di specifiche circostanze di fatto che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assicurata dalle previsioni tabellari.
Quanto al danno morale, si è detto invece che “se è vero che l’invocazione di un criterio di liquidazione tabellare del danno morale non è predicabile alla stregua dei principi di diritto positivo sopra richiamati, è pur vero che tale pregiudizio deve essere allegato e provato, ancorché ovviamente per presunzioni, nella sua concreta ed effettiva consistenza: presupposto che, nel caso di specie, il giudice di merito aveva negato tenuto conto delle censure generiche e meramente oppositive della ricorrente.
Per queste ragioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e confermata in via definitiva la pronuncia di merito.
La redazione giuridica
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