Danno da incapacità lavorativa specifica e dimostrazione di reddito

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La vicenda tratta dell’investimento di un pedone che riportava un danno biologico permanente del 10% e la riduzione della capacità lavorativa specifica del 33%. Il danno da incapacità lavorativa specifica non veniva riconosciuto per mancata dimostrazione dei redditi (Corte di Cassazione, III civile, 3 settembre 2024, n. 23535).

La vittima riceveva dall’assicurazione del veicolo l’importo di 51.000 euro che, tuttavia, non veniva ritenuto sufficiente.

Il Tribunale dichiara la responsabilità esclusiva del conducente del veicolo, ma rigetta la domanda attorea dichiarando congrua la somma versata dall’assicurazione. In secondo grado, la Corte di Bari ha condannato l’assicurazione a versare alla vittima l’ulteriore importo di seimila euro.

Il ricorso in Cassazione

La vittima si rivolge alla Cassazione lamentando che la Corte barese non ha riconosciuto il richiesto danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa specifica. Deduce che la Corte territoriale ha ritenuto non contestata in modo specifico la sentenza di primo grado nella parte in cui attribuisce erroneamente alle pregresse lesioni il danno da perdita di capacità lavorativa specifica e che non fosse “indicato” il motivo per cui tale incidenza, accertata dal CTU, fosse conseguenza esclusiva delle lesioni subite in occasione del sinistro per cui è causa. In ragione di tale erroneo convincimento, il giudice di secondo grado non avrebbe riconosciuto il danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa specifica.

Nella proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., si è osservato: “propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. nei seguenti termini: sia dichiarata la manifesta inammissibilità del ricorso, in quanto – anche a prescindere da qualsiasi valutazione circa la fondatezza della lamentata violazione dell’art. 342 c.p.c. – la Corte d’appello ha rigettato il gravame ritenendo indimostrate la misura del reddito della vittima e la sua diminuzione, e tale statuizione è censurata con argomenti che investono la valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti, non consentite in questa sede. Stabilire, infatti, quale sia il reddito di una persona e se esso sia diminuito in conseguenza d’un infortunio è un accertamento di fatto, non una valutazione in diritto”.

I Giudici di appello hanno ritenuto non provata la riduzione di un terzo della capacità specifica della vittima, stimata dal CTU, avuto riguardo da un lato alla mancata valutazione della rilevanza delle fratture agli arti e delle amputazioni riportate nel 1989, 1992 e 1997, e dall’altro alla mancata prova di una perdurante disoccupazione, in epoca successiva all’incidente, nel mestiere di carpentiere o in altri analoghi.

La mancata prova dei redditi

La vittima non ha prodotto i redditi degli anni successivi al 2010, questo significa che il danno alla capacità lavorativa dello stesso (35 anni all’epoca del sinistro) non risulta provato né quanto all’entità, né quanto al suo perdurare, tanto più che l’infortunato non ha neppure allegato come si sarebbe sostentato in epoca successiva.

Sul punto viene richiamata (Cass. 15737/18) secondo cui il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica e il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa. Tale presunzione, peraltro, copre solo l’an dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 c.c.”.

L’accertamento del danno alla capacità lavorativa specifica

Quindi, secondo consolidata giurisprudenza, il danno alla capacità lavorativa specifica deve essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse – o presumibilmente in futuro avrebbe svolto – un’attività lavorativa produttiva di reddito, ed inoltre attraverso la prova della mancanza di persistenza, dopo l’infortunio, di una capacità generica di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell’infortunato, ed altrimenti idonei alla produzione dì altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte; e detta prova, in base alle risultanze dell’elaborato peritale recepite dalla impugnata sentenza, risulta allegata entro il limite del 20%, in relazione al quale è stato modulato il procedimento di liquidazione del danno elaborato dalla Corte di merito.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

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