La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti circa il diritto di abitazione dopo il decesso del convivente e come dimostrarlo. Ecco cosa ha stabilito

Con la sentenza n. 10377/2017 della Corte di cassazione, gli Ermellini hanno fornito chiarimenti circa il diritto di abitazione dopo il decesso del convivente.

I giudici, infatti, con tale pronuncia hanno stabilito l’interesse del convivente sulla casa di abitazione ove si è svolto e si è attuato il programma di vita in comune come un interesse “ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare”.

In sostanza, per ottenere il diritto di abitazione al decesso del convivente non serve essere residenti nella casa del de cuius ma basta autocertificare la convivenza.

Un concetto ben espresso anche dalla Agenzia delle Entrate, che con la risposta numero 37/2018 ha precisato un aspetto importante.

In sostanza, ai fini del riconoscimento del diritto di abitazione che sorge, per un determinato periodo, successivamente al decesso del convivente more uxorio, lo status di convivente può essere riconosciuto sulla base di una semplice autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 47 del d.p.r. numero 445/2000.

Infatti, non rileva a tal fine il fatto che la convivenza con il de cuius non risulti da alcun registro anagrafico. Così come non rileva il fatto che il convivente superstite non abbia la residenza anagrafica nella casa di proprietà del de cuius.

Non solo.

L’Agenzia delle Entrate ha anche chiarito che il diritto di abitazione di cui all’articolo 1, comma 42, della legge numero 76/2016 non va indicato nella dichiarazione di successione.

Si tratta di diritto personale di godimento attribuito a un soggetto che non è di per sé né erede né legatario.

In sostanza, il riconoscimento di tale diritto avviene per legge allo scopo preciso di garantire il convivente dalle pretese successorie dei successori del defunto. E questo per un arco temporale tale da consentirgli di provvedere in altro modo a soddisfare la propria esigenza abitativa.

Questo opera anche laddove manchi una disposizione testamentaria volta a istituire il convivente legatario dell’immobile.

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