Il coniuge superstite acquisisce automaticamente già dall’apertura della successione mortis causa il diritto di abitazione sulla casa coniugale

Il Tribunale di Palermo (Sez. II, sentenza n. 2315/2020) chiarisce che il diritto di abitazione riconosciuto al coniuge superstite sulla casa coniugale si acquisisce automaticamente all’apertura della successione ereditaria, dunque anche in pendenza della chiamata all’eredità.

Il diritto di abitazione sulla casa coniugale non è subordinato alla qualità di erede.

Ne deriva che il coniuge superstite, mero chiamato all’eredità, che ancora non abbia deciso se accettare o rinunziare all’eredità, vanta il diritto di abitazione ai sensi dell’art. 540 del c.c.

Tale norma statuisce che in tema di successione necessaria, i diritti di abitazione sulla casa coniugali e di uso sui beni mobili che la corredano sono riservati al coniuge e si sommano alla quota spettante a questo in proprietà.

Specifica il Tribunale che il diritto di abitazione della casa coniugale spetta al coniuge superstite non solo nei casi di successione necessaria, ma anche nei casi di successione legittima, in armonia con la volontà del legislatore di tutelare, sul piano patrimoniale e sul piano etico e sentimentale, il coniuge superstite.

La vicenda oggetto di esame vede coinvolto un uomo, rimasto vedovo, a cui la moglie con testamento aveva lasciato in eredità un terreno in sostituzione di legittima e nominava eredi universali le sue sorelle che ereditavano la piena proprietà dell’ appartamento adibito a casa coniugale.

L’uomo non lascia la casa coniugale e nelle more le sorelle della moglie defunta procedevano a donare l’appartamento.

I “nuovi proprietari” intraprendono l’azione giudiziaria chiedendo al Tribunale l’immediato rilascio dell’appartamento da parte dell’uomo.

Il vedovo si costituisce in giudizio chiedendo che venga accertato il suo diritto di abitazione della casa coniugale.

I “nuovi proprietari” eccepiscono che la defunta con l’attribuzione di legato in sostituzione di legittima a favore del marito voleva esplicitamente escluderlo dall’eredità con la conseguenza che non poteva essere vantato nessun diritto di abitazione sulla casa coniugale.

Il Tribunale respinge le argomentazioni dei “nuovi proprietari” ed evidenzia che “l’attribuzione dello specifico bene come quota di legittima andrebbe inquadrata nell’institutio ex re certa ai sensi dell’art. 588, comma 2, c.c. a tenore del quale: “L’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio”.

Viene ritenuto che la donna abbia considerato il terreno (lasciato al marito) in relazione all’intero asse ereditario, qualificandolo, appunto, come bene dovuto per assicurare la quota di legittima e che, pertanto, il detto terreno sia stato assegnato come quota del patrimonio relitto.

Non si tratterebbe, dunque, di un singolo bene assegnato che configurerebbe un legato, bensì di un bene assegnato come quota del patrimonio dovuta al coniuge.

Si palesa pertanto una successione a titolo universale in capo a chi la riceve, con la conseguenza che l’uomo riveste la qualità di erede nella successione della moglie.

Per tali ragioni il Tribunale dichiara  che al vedovo spetta il diritto di abitazione sulla casa coniugale di cui la moglie era proprietaria ancor prima di contrarre matrimonio.

Avv. Emanuela Foligno

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