Al 4 maggio i dispositivi di protezione individuale che superano l’esame dell’Inail sono 96 su 2.458 pratiche processate a livello tecnico
Sono 96 i dispositivi di protezione individuale (dpi) validati positivamente dall’Inail alla data del 4 maggio. Si tratta del 4% delle 2.458 pratiche processate a livello tecnico. A tracciare il quadro aggiornato dell’attività svolta nell’ultimo mese e mezzo dalla task force multidisciplinare a cui è stata affidata la procedura è il nuovo report pubblicato sulle attività di validazione dei dpi da produrre, importare o immettere in commercio, funzione attribuita in via straordinaria all’Istituto, fino al termine dell’emergenza Coronavirus, dall’art. 15 del decreto Cura Italia dello scorso 17 marzo.
L’elenco dei dpi validati positivamente, che viene periodicamente aggiornato dall’Inail, è disponibile sul sito dell’Istituto. Per ciascun dispositivo è riportata la data di validazione, la tipologia di prodotto (occhiali, visiere, semimaschere, indumenti di protezione, guanti, calzari), il nominativo del produttore e/o dell’importatore con la regione/nazione di riferimento, e un’immagine, se disponibile.
Il procedimento abbreviato di validazione prevede l’invio all’Inail di un’autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, produttori, importatori o chi intende immettere in commercio i dpi attestano le caratteristiche tecniche dei prodotti e il rispetto di tutti i requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente, allegando certificazioni e test report rilasciati da soggetti abilitati.
Le validazioni in deroga dell’Istituto prevedono un esame sia della rispondenza documentale, sia del rispetto dei parametri e limiti imposti dalla normativa di riferimento.
Dall’ultimo report emerge che in circa l’1% dei casi le richieste presentate erano relative a dpi già marcati CE, che possono essere messi in commercio senza la validazione dell’Istituto. Il 95% delle pratiche si è concluso, invece, con un giudizio di non conformità, che ha riguardato prodotti non valutabili come dpi (pari a circa il 15% dei provvedimenti negativi), prodotti configurabili come simil-mascherine chirurgiche, eventualmente valutabili dall’Istituto superiore di sanità (12%), e prodotti che non garantiscono i requisiti di qualità e sicurezza per la protezione di lavoratori (73%), per l’assenza di relazioni sulle prove effettuate sui dispositivi, la presentazione di “attestazioni di conformità” o di “certificati di compliance” non valutabili, perché rilasciati su base volontaria da enti non accreditati per i dpi (e in alcuni casi non risultati presenti nei relativi database), o per la mancata indicazione puntuale dei modelli di prodotto o del produttore.
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