Uno studio dell’Università Vanvitelli di Caserta ha messo in luce come il digiuno sia in grado di aiutare a tenere sotto controllo il dolore neuropatico

Una recente ricerca dell’Università Vanvitelli di Caserta ha messo in evidenza i benefici del digiuno per il dolore neuropatico.

Secondo i ricercatori, infatti, un regime alimentare controllato, fatto di pochissime calorie, per periodi intermittenti, potrebbe essere utile a combattere il dolore neuropatico.

La ricerca è stata condotta dal gruppo coordinato da Sabatino Maione, ordinario di Farmacologia dell’Università Vanvitelli, che ha identificato il possibile coinvolgimento di un nuovo recettore.

Quest’ultimo avrebbe un importante potere analgesico in condizioni di neuropatia periferica, come sciatalgie, nevralgie, dolori provocati da ernie.

Secondo Maione, “ad oggi la patologia è scarsamente trattata farmacologicamente in quanto non risponde alla maggior parte dei classici farmaci analgesici”.

Spesso, infatti, i trattamenti per il dolore neuropatico prevedono farmaci antidepressivi, anticonvulsivanti e terapie di supporto psico-cognitivo. Ciò fa sì che vi sia un notevole interesse della ricerca al fine di identificare nuovi meccanismi per meglio comprendere la natura del dolore neuropatico.

Nello studio, condotto su animali da laboratorio, si è dimostrato che la stimolazione farmacologica dà maggiori risposte se associata a una sorta di digiuno intermittente.

Secondo Livio Luongo, uno dei ricercatori del gruppo di studio, “sui topi si parla di due giorni di digiuno che nell’uomo corrisponderebbero a circa 4-5 giorni di digiuno. Il recettore HCAR2, quello indentificato per la prima volta come potenziale analgesico, riduce significativamente le alterazioni della soglia meccanica associate a dolore neuropatico nel topo”.

“La accuratezza del dato – prosegue Luogno – è rafforzata dall’utilizzo di topi mancanti di tale recettore che sono stati ottenuti grazie ad una collaborazione con Stefan Offermanns del Max Planck Institute (che ha concesso l’utilizzo di questi preziosi topi transgenici)”.

Lo studio è ora , in pubblicazione sulla rivista scientifica FASEB e rappresenta una prima evidenza del coinvolgimento del recettore HCAR2 nella fisiopatologia del dolore neuropatico.

Questo tipo di ricerca, adesso, potrebbe aprire nuove strade per il trattamento del dolore neuropatico. Trattamenti che vedono la combinazione di regimi alimentari condizionati con la terapia farmacologica.

“Proprio nei topi abbiamo avuto conferma che questo recettore – continua Luongo – HCAR2, è stimolato dal beta-idrossi-butirrato (BHB) un chetone che viene prodotto in maggiori quantità dal digiuno prolungato o da una dieta chetogena. In questo caso il dolore diventa minore, ma anche molto trattabile con farmaci”.

Tuttavia, per molte persone che soffrono di dolore cronico neuropatico, ci sono scarse opportunità terapeutiche e spesso i pazienti sono refrattari.

“Questa ricerca e i risultati raggiunti – ha concluso Luongo – ci fanno sperare in una serie di possibili terapie che renderebbero la vita migliore a questo tipo di pazienti”.

 

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