Non può costituire riconciliazione la ripresa della convivenza, in via sperimentale e per un breve periodo o il dato formale di dormire nella stessa casa, senza una chiara ed effettiva volontà di ripristinare la vita coniugale

Il Tribunale di Siracusa si è dovuto pronunciare su una vicenda relativa ad una causa di divorzio tra due ex coniugi già separati. Lui italiano settantenne e lei, originaria della Romania, cinquantenne. La donna aveva chiesto il rigetto dell’istanza di divorzio adducendo che tra i due vi era stata una riconciliazione e infatti gli stessi avevano ripreso a dormire nella stessa casa.

La vicenda

Con ricorso presentato nel 2011 un uomo settantenne aveva chiesto la separazione giudiziale dalla propria moglie, donna di nazionalità rumena, nel frattempo divenuta cittadina italiana.

Dalla loro unione erano nati dei figli.

Si erano conosciuti tramite un’agenzia matrimoniale e poi sposati nel 2005. Lui di molti anni più grande di lei dichiarava che il matrimonio seppur breve, era stato tutt’altro che felice.

In sede di separazione, era stata prodotta una scrittura privata dalla quale si evinceva che, dopo lo scioglimento del matrimonio, l’uomo non avrebbe dovuto nulla alla moglie se non consentirle, per un breve periodo, di dormire nella casa rurale di sua proprietà, adiacente alla propria abitazione.

Ma alla domanda di divorzio presentata dall’ex coniuge, quest’ultima si costituiva in giudizio chiedendone il rigetto, adducendo la mancanza dei presupposti di cui all’art. 3 della l. 898/1970, vista l’intervenuta riconciliazione e la ripresa della convivenza.

La prova della riconciliazione

Il Tribunale adito non ha accolto le eccezioni introdotte dalla resistente sull’assunto che sebbene fosse stato pacifico che per un breve periodo, subito dopo la separazione, quest’ultima avesse avuto la stessa residenza del coniuge, non risultava provata la ricostituzione della compagine familiare e la sussistenza di una ritrovata affectio coniugalis. Era emerso il solo dato della residenza comune presso la casa rurale, peraltro, intestata ai figli dell’uomo, ma non vi era conferma che i due avessero convissuto come marito e moglie.

A tal proposito il Tribunale di Siracusa ha rievocato una recente pronuncia della Suprema Corte ove si è affermato che non può costituire riconciliazione la ripresa della convivenza, in via sperimentale e per un breve periodo, senza una chiara ed effettiva volontà di ripristinare la vita coniugale; o ancora una sporadica ripresa dei rapporti sessuali o ancora la convivenza dei coniugi nella stessa casa, di proprietà del marito, in camere da letto diverse e la corresponsione, da parte di quest’ultimo alla moglie di somme di denaro, trattandosi di circostanza che non dimostrano di per sé il ripristino del consortium vitae (Cass. n. 2360/2016).

La redazione giuridica

 

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