Saranno le Sezioni Unite della Cassazione a dover comporre il contrasto giurisprudenziale, attualmente esistente circa i limiti quantitativi massimi cui fare riferimento in materia di droghe leggere, ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità
La vicenda
La Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato la decisione del GIP presso il Tribunale di Vibo Valentia, appellata dall’imputato, con la quale quest’ultimo era stato ritenuto colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 4 e art. 80, comma 2, per aver coltivato presso la propria abitazione, all’intero di un terreno di sua proprietà ed anche in altro terreno di fatto allo stesso in uso, n. 1087 piante di canapa indiana.
Contro tale decisione il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione contestando, tra gli altri motivi, la sussistenza della ritenuta aggravante della ingente quantità, posto che, secondo “l’orientamento giurisprudenziale pressoché consolidato (…) in ipotesi di detenzione di droghe leggere, ai fini della configurazione della circostanza aggravante de qua, si rende necessario il superamento della soglia di 4000 unità e non più di duemila”
La Quarta Sezione Penale della Cassazione (ordinanza n. 38635/2019), al cui vaglio è stata rimessa la definizione del giudizio, ha rilevato che sul punto persiste un evidente contrasto giurisprudenziale.
Nel 2012 le Sezioni Unite (sentenza n. 36258 del 24/05/2012) hanno stabilito il principio secondo il quale l’aggravante della ingente quantità, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata.
In alcune decisioni è stato però osservato che siffatta pronuncia si inserisce “nell’ambito di un quadro normativo affatto diverso dall’attuale, ossia in epoca antecedente alla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi”.
In particolare, è stato rilevato che “il decreto del Ministro della Salute in data 11 aprile 2006, richiamato dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 nella versione antecedente la detta pronunzia d’incostituzionalità, aveva fornito indicazione dei limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti e psicotrope, riferibili ad un uso esclusivamente personale, delle sostanze elencate nella tabella I del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, ai sensi dell’art. 73, comma 1-bis del detto Testo Unico”.
In seguito è intervenuto il ben noto mutamento del quadro normativo di riferimento (conseguente in particolare alla citata sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimi la L. n. 49 del 2006, artt. 4-bis e 4-vicies ter; e al D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con 3 modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, entrata in vigore in data 21 maggio 2014); e ciò ha posto appunto all’attenzione della giurisprudenza di legittimità il problema della permanenza o meno della validità del criterio stabilito dalle Sezioni Unite ai fini dell’aggravante de qua.
Sul punto, si sono registrati due diversi indirizzi.
Secondo un primo orientamento (Sez. 3, n. 1609 del 27/05/2015; Sez. 3, n. 12532 del 29/01/2015), l’impostazione accolta dalle Sezioni Unite dovrebbe ritenersi superata, in quanto essa si rapporterebbe al sistema tabellare che il D.L. n. 272 del 2005, art. 4-vicies ter, convertito con modificazioni nella L. n. 49 del 2006 (c.d. legge Fini-Giovanardi) che aveva introdotto nel testo unico degli stupefacenti, sostituendo alle originarie quattro tabelle che distinguevano le droghe leggere (tabelle 2 e 4) dalle droghe pesanti (tabelle 1 e 3) un’unica tabella relativa a tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope droganti.
A seguito della già citata sentenza 32/2014 della Corte Costituzionale, il legislatore ha modificato il sistema tabellare, introducendo con il D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, quattro nuove tabelle in ordine a tali sostanze.
La determinazione dei presupposti per l’applicazione della aggravante della ingente quantità non potrebbe, perciò, prescindere da questa diversa impostazione normativa.
Viceversa, secondo un diverso indirizzo espresso in altre decisioni, la Corte si è espressa in senso affermativo (Sez. 6, n. 543 del 17/11/2015; Sez. 6, n. 44596 del 08/10/2015; Sez. 6, n. 6331 del 04/02/2015; e Sez. 4, n. 49619 del 12/10/2016), sul rilievo che i criteri elaborati dalle Sezioni unite, con la ridetta decisione n. 36258/2012, per l’applicazione della aggravante della ingente quantità mantengono una loro validità, nella misura in cui possono essere utilizzati come meri criteri orientativi, individuati a seguito di una indagine condotta su un numero cospicuo di sentenze di merito.
La rimessione alle Sezioni Unite
Ebbene alla luce di un questo contrasto giurisprudenziale, i giudici della Suprema Corte hanno ravvisato la sussistenza dei presupposti, di cui all’art. 618 c.p.p., comma 1, per la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, in ordine alla seguente questione di diritto:
“Se, con riferimento alle cd. “droghe leggere”, la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del D.L. 20 marzo 2014, n. 36 convertito con modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, imponga una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, oppure mantengano validità, per effetto della espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi dell’art. 75 D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75, comma 1 bis , e ss.mm.ii., i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile di cui alla sentenza delle SS.UU. n. 36258 del 24 maggio 2012“.
La redazione giuridica
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