Il comodatario ha diritto di impedire al comodante di introdursi in casa sua senza preventivo avviso. In caso contrario, deve dirsi integrato il reato di violazione di domicilio

La vicenda

La corte d’appello di Roma aveva confermato la sentenza di condanna pronunciata dal giudice di primo grado a carico dell’imputato accusato del reato di violazione di domicilio ai danni di colui al quale aveva concesso in comodato un appartamento di sua proprietà.

Secondo l’accusa, l’uomo si era introdotto nell’abitazione in tarda ora serale, facendo uso delle chiavi in suo possesso e ordinando agli ospiti ivi presenti di andare via immediatamente.

A seguito della condanna, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione rilevando che il contratto di comodato, prevedeva espressamente l’obbligo, in capo al comodatario, di far accedere il comodante nell’immobile concesso in godimento in qualsiasi giorno ed ora senza alcun preavviso, con la conseguenza che la sentenza impugnata era infondata dal momento che, introducendosi nell’appartamento, egli non aveva fatto altro che esercitare il proprio diritto.

La questione giuridica

La questione giuridica controversa è la seguente: ci si chiede se integri o meno il delitto di violazione di domicilio l’introduzione del proprietario nell’immobile concesso in comodato, nell’ipotesi in cui il comodatario si sia contrattualmente impegnato a fare accedere il comodante nell’immobile in ogni momento e senza preventivo avviso.

Per la Quinta Sezione Penale della Cassazione, la questione è infondata.

L’interesse giuridico tutelato dall’art. 614 c.p. è la libertà della persona, colta nella sua proiezione spaziale, rappresentata dal domicilio, di cui viene garantita l’inviolabilità, conformemente al precetto di cui all’art. 14 Cost. – che attribuisce al domicilio le stesse garanzie della libertà personale, previste dall’art. 13 Cost., alla cui disciplina il comma secondo rinvia all’art. 8, par. 1 CEDU.

In altre parole, il soggetto passivo del delitto di violazione di domicilio è da individuare in chi, per avere la disponibilità esclusiva di uno spazio nel quale si esplica la propria personalità individuale in piena libertà, ha la titolarità del diritto di vietare a terzi l’ingresso (ius excludendi) o la permanenza in esso, che viene ad identificarsi in uno dei luoghi presi in considerazione della norma penale citata.

La giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che il domicilio presuppone l’esistenza di una situazione di fatto che colleghi in maniera sufficientemente stabile il soggetto allo spazio fisico in cui si esplica la sua personalità.

Ne deriva che il detto diritto deve senz’altro riconoscersi oltre che al legittimo proprietario dell’immobile, che vi abbia stabilito il proprio domicilio, anche al possessore o al detentore del bene, sempre che questi ivi vi abbiano la loro privata dimora.

La pronuncia della Cassazione

Alla luce di tale criterio ed avuto riguardo alle modalità con cui si era svolto il rapporto tra il comodante e il comodatario , la Cassazione ha inteso confermare la decisione impugnata.

Ed invero, non vi erano dubbi che la persona offesa, avesse fissato il proprio domicilio nell’immobile concessogli in uso dall’imputato, dal quale, dunque, egli poteva legittimamente escludere gli estranei, ivi compreso il proprietario dell’alloggio; il quale peraltro, sulla base della stessa interpretazione letterale della clausola contrattuale richiamata a sua difesa (l’obbligo del comodatario di fare accedere il comodante) non aveva alcun diritto di introdursi e di trattenersi all’interno dell’immobile concesso in comodato, tanto essendogli possibile solo ove il comodatario lo avesse consentito, adempiendo, in tal modo, all’obbligo negozialmente assunto.

In tal senso si è peraltro, già espressa la giurisprudenza di legittimità, affermando che è legittimo l’esercizio, da parte del comodatario, dello jus excludendi, nei cofronti dei terzi, a tutela dell’inviolabilità del domicilio in capo al comodatario, stante la legittima detenzione del bene attuata mediante la sua consegna e l’utilizzo esclusivo del bene dal contratto derivante (Sez. Quinta, n. 29093/2015): “ciò perché, in virtù del tipo di contratto di cui all’art. 1803 c.c., il comodatario acquisisce la detenzione qualificata della cosa, divenendo titolare di un diritto personale di godimento sul bene, avente come contenuto l’uso esclusivo del bene per gli scopi determinati dal contratto o dalla natura della cosa, cui corrisponde, nel comodante, la perdita del godimento e dell’uso della cosa stessa dal momento della consegna al comodatario”.

La redazione giuridica

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