Elevata velocità e non riesce ad evitare il veicolo che svolta a sinistra (Cassazione civile, sez. VI, 08/09/2022, n.26441).
Elevata velocità è la causa del sinistro stradale al vaglio della Suprema Corte.
I danneggiati convenivano dinanzi al Tribunale di Perugia il responsabile del sinistro e la società di Assicurazione chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti.
Con sentenza del 1 dicembre 2016 n. 2691 il Tribunale rigettava la domanda e la sentenza veniva appellata dai soccombenti.
La Corte d’Appello di Perugia rigettava il gravame ritenendo che:
-) al momento del sinistro il motociclo dal danneggiato e l’autoveicolo condotto dal convenuto stavano percorrendo la medesima strada in direzioni contrapposte;
-) negli attimi che precedettero il sinistro, l’autoveicolo era fermo, con l’indicatore di direzione sinistro azionato, in attesa di svoltare a sinistra; -) il motociclista, procedendo ad elevata velocità, a causa d’una “erronea ed esagerata percezione di pericolo”, in realtà insussistente, eseguiva una brusca e lunga frenata, non riuscendo a controllare il proprio mezzo e cadeva, senza entrare in collisione con l’altro veicolo.
Sulla base di questi elementi di fatto la Corte d’Appello riteneva che l’esclusiva responsabilità del sinistro stradale andasse ascritta alla vittima stessa.
La vicenda approda in Cassazione ove il motociclista sostiene che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto superata la presunzione di colpa di cui al comma 2 dell’art. 2054 c.c.
Tale valutazione, secondo i ricorrenti, sarebbe errata per plurime ragioni: la Corte d’appello ha recepito il rapporto “sommario e superficiale” della Polizia Stradale; ha valorizzato testimonianze non concordanti; ha erroneamente ritenuto inattendibile la deposizione di uno dei testimoni; non ha valutato circostanze indiziarie rilevanti, quali i danni ai veicoli.
Le doglianze sono inammissibili.
Le Sezioni Unite hanno infatti stabilito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830) che non è più censurabile in sede di legittimità il vizio di motivazione, tranne che in due casi: quando la motivazione manchi del tutto, oppure quando sia assolutamente incomprensibile.
Nel provvedimento impugnato la motivazione non manca: la responsabilità del sinistro va ascritta unicamente al motociclista perché, erroneamente percependo una situazione di pericolo in realtà inesistente ed a causa della elevata velocità, frenava bruscamente e cadeva.
La motivazione, dunque, esiste ed è ben chiara; lo stabilire poi se essa sia coerente con le prove raccolte è questione di merito, insindacabile in sede di legittimità.
Con la seconda censura il ricorrente sostiene che la sentenza d’appello ha erroneamente dato credito ad una testimonianza non attendibile e comunque insufficiente, e che dando credito a tale testimonianza la Corte d’appello avrebbe “violato l’art. 244 c.p.c.”.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente pretende dalla Corte di Cassazione quel che essa non può dare, e cioè una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal Giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto.
In conclusione, il ricorso viene dichiarato inammissibile con condanna alle spese.
Avv. Emanuela Foligno
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