L’intervento chirurgico e le omissioni della terapia anticoagulante sono correlate alla insorgenza della embolia polmonare massiva produttiva del decesso della paziente (Tribunale di Roma, Sentenza n. 8330/2021 del 12/05/2021 RG n. 7960/2015)

I congiunti della paziente deceduta citano a giudizio l’Azienda Ospedaliera onde vederne accertata la responsabilità per il decesso del familiare avvenuto a causa di embolia polmonare durante il ricovero.

Deducono gli attori che:

  • in data 06.05.2009 la sig.ra veniva ricoverata con diagnosi di ammissione “Meningioma doccia olfattoria”;
  • successivamente veniva sottoposta ad intervento di craniotomia ed exeresi chirurgica del meningioma;
  • nel corso della degenza post-operatoria, veniva ricoverata presso la Divisione di Terapia Intensiva dal 12.05.2009 al 14.05.2009;
  • durante il predetto periodo non le veniva somministrata la terapia interferente con la coagulazione ematica, nonostante la paziente fosse in decubito supino obbligato e risultasse a momenti disorientata nel tempo e nello spazio;
  • in data 15.05.2009 veniva trasferita nel reparto di Neurochirurgia laddove lamentava ” nausea, vomito, sensazione oppressiva toracica con dolore retrosternale… ma, soltanto in data 19.05.2009, veniva rilevata rinoliquorrea sinistra e le veniva somministrata la terapia anticoagulante;
  • la paziente decedeva in data 09.06.2009 per embolia polmonare;
  • veniva eseguita perizia Medico-Legale di parte che evidenziava: ” si ritiene di dover rilevare profili di negligenza a carico dei sanitari, non solo per non aver effettuato la profilassi antitrombotica nei modi e tempi corretti, in quanto validati dall’evidenza scientifica, ma per aver sottovalutato segni e sintomi di una malattia con elevata probabilità già clinicamente evidente nei giorni precedenti al decesso “;

La causa viene istruita con l’acquisizione della documentazione prodotta e con l’espletamento di CTU medico-legale.

In sostanza, gli attori lamentano l’omessa adozione nel corso della degenza post-operatoria, delle misure idonee ad evitare che il paziente contraesse l’embolia polmonare che ne aveva determinato il decesso.

Il CTU, preliminarmente, ripercorre i fatti e rileva che già “il giorno 25.04.2009 la Sig.ra giungeva presso la struttura, in quanto lamentava da quattro anni anosmia, e comparsa da un anno di disturbi visivi in OS, disturbi dell’equilibrio, irregolarità del ciclo mestruale ed aumento ponderale. Pertanto veniva sottoposta ad esame RM encefalo che evidenziava voluminosa neoformazione del basicranio anteriore con effetto edemigeno”; successivamente , “a seguito del presentarsi di sbandamenti, cefalea e vertigini nonché persistenza dei noti disturbi visivi, in data 06.05.2009 la Sig.ra effettuava un secondo accesso al PS dell’Azienda Sanitaria dove veniva confermata la diagnosi di “Meningioma della doccia olfattoria” ed indi ricoverata press o la Divisione di Neurochirurgia per le cure e gli accertamenti del caso. All’ingresso l’obiettività neurologica era caratterizzata da: “Paziente vigile, orientata. Psiche e funzioni superiori nella norma. Non segni di lato. Mobilità oculare nella norma. Non segni di lato. Anosmia. Emianopsia laterale OS”” per cui, in data 12.05.2009, la paziente veniva sottoposta ad intervento di “craniotomia ed exeresi chirurgica del Meningioma”. Nel corso della conseguente degenza post -operatoria, ” la Sig.ra dal 12.05.2009 al 14.05.2009, veniva ricoverata presso la Divisione di Terapia Intensiva dove veniva sottoposta a Consulenza Nch in cui si evinceva l’assenza di deficit motori con miglioramento del visus in OS”, e, “successivamente, in data 15.05.2009 la paziente veniva trasferita nel reparto di Neurochirurgia il cui esame neurologico era caratterizzato da “non deficit motori e recupero del 50% del visus in OS. Terapia: Lasix 1cp x 2 die; Ciproxin 500 mg 1cp x 2 die; Zantac 1cpr la sera e Pro -efferalgan 1 fl AB ev.”. La paziente inoltre sempre nella stessa giornata lamentava: ” nausea, vomito, sensazione oppressiva toracica con dolore retrosternale…lievemente tachicardica.” a cui faceva seguito persistente febbricola sino a rialzo termico intermittente (38.5 °C) con urinocoltura positiva per E. Coli e Candida. In data 16.05.2009, dopo ave re eseguito esame TC Encefalo di controllo risultante negativo, la paziente nel giorno seguente ha presentato agitazione psicomotoria al punto tale da assumere terapia con Talofen, Farganesse e successivamente Largactil “, e che, in data 19.05.2009, a seguito del presentarsi di rinoliquorrea a sinistra è stata costretta ad una degenza a letto, con completa immobilizzazione (“decubito clinostatismo obbligato) sino al 26.05.2009, giorno in cui le veniva prescritta la mobilizzazione ” (..) ” dalla documentazione agli atti si evince che esistono due diari clinici datati 25/05, di cui uno con la sola data senza continuazione dei giorni successivi e l’altro in cui vengono annoverati cronologicamente lo status clinico della paziente e la terapia della stessa, risultanti in contraddizione per quanto concerne la somministrazione del Clexane 4000 U.I. che viene somministrato dal 19.05.09 con carattere di alternanza e ripreso solo successivamente in data 30.05.09 , pertanto, dopo consulenza Infettivologica, Orl e BPN, la paziente, dopo successivi esami di controllo (urinocoltura.. aerosolterapia), nonché terapia antibiotica mirata ed in presenza di controllo RX del Torace in cui si evidenziava la presenza in sede medio toracica dx (addensamenti… Strie distelectasie?) decedeva in data 09.06.2009, per embolia polmonare massiva”.

“Dalla disamina della documentazione clinica risulta che la Sig.ra era affetta da Meningioma della Doccia Olfattoria e gli interventi di neurochirurgia maggiore, come i tumori cerebrali, sono considerati a rischio moderatamente aumentato di TEV con una prevalenza globale del 22% e di trombosi venosa profonda prossimale del 5% dei pazienti , secondo una metanalisi, i pazienti sottoposti a craniotomia in assenza di profilassi presentano un rischio di TVP del 4,3% e di embolia polmonare del 1,4, percentuale che si riduce in presenza di tromboprofilassi meccanica, una successiva metanalisi di Collen (2008) fornisce numeri più alti: 12 -15% di TVP in assenza di profilassi, 0.9 -4.1 in presenza di tromboprofilassi meccanica o farmacologica” .

In riferimento alla tromboprofilassi, il CTU riporta che “in letteratura (Geerts 2008) si afferma che deve essere usata routinariamente nei pazienti sottoposti ad interventi di neurochirurgia maggiore ed è suggerita la combinazione della tromboprofilassi meccanica e farmacologica per i pazienti a rischio, in particolare per coloro che sono stati sottoposti a craniotomia per tumore al cervello, soprattutto per quanto riguarda i gliomi (15%) ed i meningiomi (7,1%), li rendono più vulnerabili per alta incidenza di trombosi venosa profonda per tromboembolia polmonare” .

“Per quanto concerne la terapia farmacologica emergono alcune carenze relative alla mancata somministrazione del Clexane nelle giornate post operatorie, in particolare: dal 15.05.2009 al 18.05.2009 e il 25.05.2009, in cui concomitano due fogli di diario clinico: il primo in cui si evince la mono somministrazione del Clexane solo nella stessa data, in quanto mancante di successiva cronologia dei giorni seguenti; il secondo a parimenti datato sempre dal 25.05 in cui si evince la mancanza della somministrazione del suddetto farmaco sino al 29.05.09 ..(..).. , non risulta effettuata nessuna terapia meccanica durante tutta la degenza..(..).. La diagnosi è stata tempestiva e corretta, non vi sono indicazioni univoche circa il trattamento gold -standard dei Meningiomi del basicranio della regione anteriore. Tuttavia, le patologie presentate dalla Sig.ra hanno reso necessario il ricorso al trattamento chirurgico, in quanto patologia neurochirurgica con carattere altamente invalidante sia per le dimensioni del tumore, ma soprattutto per i deficit visivi e dell’equilibrio riscontrati nella paziente”.

“L’intervento di craniotomia ed exeresi chirurgica del Meningioma cui la paziente è stata sottoposta era l’unico prospettabile nella fattispecie, in quanto adeguato al caso specifico e certamente indicato sia in ragione dell’età della paziente che delle sue condizioni cliniche, il trattamento in esame richiedeva specifiche competenze di cui il Sanitario era ed è sicuramente in possesso, tenuto conto del suo curriculum professionale specificatamente dedicato alla chirurgica dell’encefalo ..(..).. il trattamento chirurgico risulta essere stato eseguito correttamente ed immune da errori tecnici ” ..(..)..” dall’esame della cartella clinica, problematicità emergono circa la tempestività della terapia farmacologica anticoagulante e circa la mancata adozione dei presidi meccanici”.

“In accordo a quanto emerso dall’analisi delle linee guida sulla profilassi della malattia tromboembolica si può ritenere che la paziente necessitasse fin dalla prima giornata post operatoria di un adeguato schema preventivo, basato di certo sull’utilizzo dei mezzi meccanici e (…) anche della profilassi farmacologica in quanto paziente ‘ad alto rischio’ , in quanto i pazienti neurochirurgici sono a più alto rischio trombotico rispetto ai pazienti di chirurgia generale. Gli studi condotti con fibrinogeno radiomarcato in soggetti non sottoposti a profilassi mostrano un’incidenza di trombosi venosa profonda (TVP) del 22% c on un 5% di TVP prossimali. I pazienti neoplastici sono il gruppo a maggior rischio 31%” precisando che “in particolare, il rischio di TEV è tre volte superiore nei pazienti affetti da meningioma rispetto ai pazienti con altri tumori cerebrali quali gliomi e metastasi cerebrali”.

“Come risulta pacificante dalla documentazione esaminata, la sequenza degli eventi lega strettamente l’esecuzione dell ‘intervento chirurgico, le omissioni in materia della terapia anticoagulante, e, infine, insorgenza della EP massiva produttiva del decesso della paziente”.

Pertanto, alla luce della CTU espletata, che il Tribunale condivide, emergono profili di responsabilità in capo all’Azienda Sanitaria per inadempimento colposo imputabile ai suoi sanitari per non aver diligentemente adempiuto all’obbligazione di curare la paziente, in particolare sotto il profilo della omessa continuativa somministrazione di adeguata terapia farmacologica volta a prevenire il rischio di tromboembolia, pur in presenza di paziente con un rischio molto elevato.

Emerge inoltre la prova del nesso causale tra l’omessa somministrazione della terapia antitrombotica e l’insorgenza dell’embolia polmonare.

Passando alla liquidazione dei danni, i familiari della vittima al momento del decesso avevano: 33 anni il coniuge e i figli rispettivamente 10 e 6 anni.

Applicandosi le Tabelle romane: al coniuge l’importo di euro 304.007,70; e ai due figli l’importo di euro 294.201,00 per ciascuno, oltre rivalutazione monetaria.

A titolo di danno da lucro cessante il Tribunale riconosce, in via equitativa ex art. 2056, comma 2, c.c., un ulteriore 1,5 % annuo, addivenendosi all’importo di euro 153.332,21.

Pertanto, la somma complessivamente dovuta dalla Struttura convenuta è pari ad euro 1.045.741,91. Sull’importo finale liquidato, comprensivo di danno da ritardato pagamento, decorrono gli interessi legali dalla data della sentenza, sino al soddisfo.

Inoltre, l’Azienda Sanitaria convenuta viene condannata al rimborso delle spese di lite e di CTU.

In conclusione, il Tribunale di Roma, accoglie la domanda di parte attrice e condanna l’Azienda sanitaria al pagamento della complessiva somma di euro 1.045.741,91, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo; condanna l’Azienda sanitaria alla rifusione in favore di parte attrice delle spese di lite liquidate in euro 21.000,00 per compenso, oltre spese e accessori di legge; pone a carico dell’Azienda medesima le spese di CTU Medico-legale.

Avv. Emanuela Foligno

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