Accolto il ricorso di una donna che aveva agito al fine di vedersi riconoscere la rendita ai superstiti in seguito al decesso del marito causata da epatopatia HCV

Con la sentenza n. 17605/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di una cittadina che si era vista rigettare dai Giudici del merito la domanda volta ad ottenere la rendita ai superstiti per effetto dell’accertamento del nesso eziologico tra l’infortunio occorso al marito e la morte verificatasi nel 2011, a causa dell’epatopatia HCV, diagnosticata solo nel 2008, contratta a seguito delle trasfusioni di sangue praticatigli in occasione dell’infortunio.

La Corte territoriale, in particolare, aveva affermato che l’epatopatia era stata accertata oltre il termine decennale di cui all’ad 83 TU 1965 e che non vi era stata esposizione a rischio patogeno causa della patologia iniziale; aveva rilevato che l’art 83 citato fissava in 10 anni il termine entro il quale dovevano ritenersi stabilizzati i postumi da infortunio e che nella fattispecie l’epatopatia, accertata nel 2008 e causa della morte nel 2011, avrebbe potuto determinare l’insorgenza del diritto alla rendita solo se accertata entro i dieci anni dall’infortunio, ambito temporale entro il quale operava la presunzione assoluta di collegamento con l’infortunio.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente censurava la sentenza di secondo grado per aver assoggettato alla presunzione di stabilizzazione ed alla procedura ed ai termini previsti per l’istituto della revisione per aggravamento ex art 83 TU, l’accertamento del nesso causale tra infortunio e decesso nell’ambito della domanda volta al conseguimento della rendita ai superstiti. Osservava, nello specifico, che l’art 83 fa esclusivo riferimento alla sola rendita per inabilità, la rendita ai superstiti è distinta da questa, presuppone la morte e spetta agli eredi iure proprio. Nella specie si trattava di accertare il nesso tra la morte e l’infortunio ed il termine poteva decorrere solo dall’accertamento della conoscenza o conoscibilità della eziologia professionale tra la morte e l’infortunio, termine rispettato. Deduceva, infine, che la Corte aveva applicato le norme sulle presunzioni assolute non prevista dalla legge e fatto decorrere il termine quando il marito era ancora in vita.

Gli Ermellini hanno ritenuto fondate le doglianze della donna.

La domanda della ricorrente aveva ad oggetto la richiesta della rendita ai superstiti per effetto dell’accertamento del nesso eziologico tra l’infortunio occorso al marito il 25/6/1991 e la morte, verificatasi nel 2011, a causa dell’epatopatia HCV, diagnosticata solo nel 2008, ma contratta, secondo l’attrice, a seguito delle trasfusioni di sangue praticate al marito in occasione dell’infortunio.

La Corte territoriale, pur a fronte della chiara domanda della ricorrente volta ad ottenere la rendita ai superstiti, aveva ritenuto di applicare alla stessa la normativa dell’art 83 TU che disciplina la diversa fattispecie della revisione della rendita di inabilità in caso di diminuzione o di aumento dell’attitudine al lavoro ed, in genere, in seguito a modifiche nelle condizioni fisiche del titolare della rendita, purché, quando si tratti di peggioramento, questo sia derivato dall’infortunio che ha dato luogo alla liquidazione della rendita.

Nella fattispecie in esame, invece, sulla base della domanda della ricorrente, la Corte avrebbe dovuto accertare la sussistenza del nesso causale tra l’infortunio e la morte, così come prevede l’art 85 TU. Detta rendita “non è condizionata dal fatto che l’aggravamento della malattia che ha cagionato la morte del lavoratore sia avvenuto entro i termini fissati dall’art. 137 del cit. d.P.R. per la revisione della rendita erogata al ‘de cuius’, atteso che tale istituto è diretto all’adeguamento della rendita goduta in vita dal lavoratore, da non confondersi con la rendita ai superstiti, che, quale prestazione autonoma spettante iure proprio agli eredi, prescinde sia dalla circostanza che per quello stesso evento fosse già stata costituita la rendita in favore del lavoratore deceduto, sia dal fatto che tale rendita fosse stata adeguata in relazione all’aggravamento che ha cagionato la morte”.

La redazione giuridica

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