L’evoluzione peggiorativa della patologia derivante da pregressa tecnopatia è legata all’età e non costituisce alcuna limitazione funzionale al lavoratore (Corte d’Appello di Roma, Sez. Lavoro, Sentenza n. 444/2021 del 15/03/2021-RG n. 3169/2019)

Il lavoratore infortunato, già titolare di rendita Inail nella misura complessiva del 25% (per infortunio valutato con IP al 17% e ulteriori infortunio valutato con IP del 4%), oltre pregressa tecnopatia valutata con IP all’8%, ritiene aggravato il suo stato sanitario, e cita in giudizio l’Inail invocando il riconoscimento di un’invalidità permanente complessiva nella misura del 38%, comprensiva degli “esiti algico limitanti di trauma al ginocchio sx del 3.8.2009, con evoluzione peggiorativa strumentalmente rilevata, esiti algico limitanti di trauma al collo del piede sx del 19.12.2006 con evoluzione peggiorativa strumentalmente rilevata, artropatia del rachide”.

Il Tribunale di Velletri ha integralmente respinto il ricorso del lavoratore, dichiarando irripetibili le spese di lite e ponendo a carico dell’Inail le spese di CTU.

Il Giudice di primo grado ha osservato che “Il CTU medico-legale nominato  ha infatti ritenuto che “allo stato attuale il lavoratore presenta Esiti di trauma piede e caviglia sinistra con frattura calcaneare e lesione del legamento tibio-peroneale sinistra. Esiti di trauma ginocchio sinistro con lesione meniscale. Spondilo -disco artrosi lombare con protrusioni discali multiple, ernie discali D12 -L1, L2 -L3”. …..”il quadro clinico non registra un aggravamento e dal punto di funzionale è sovrapponibile a quello descritto nella CTU effettuata nel 2010 e nel 2012…..(….)…. anche gli esami strumentali allegati nel fascicolo di parte attrice non documentano un sostanziale aggravamento degli esiti dei pregressi infortuni lavorativi”.

L’infortunato propone appello lamentando l’acritica adesione del Tribunale alle risultanze della CTU medico – legale, risultanze da ritenere errate alla luce dei rilievi critici del proprio CTP nonché per violazione  dell’art. 41 c.p. in ordine alla derivazione causale.

La Corte d’Appello ritiene il gravame del lavoratore infondato.

L’appellante il 19.12.2006 ha patito un infortunio sul lavoro, in conseguenza del quale veniva riconosciuto in sede giudiziaria (sentenza Tribunale di Velletri n. 335/2011) un danno biologico permanente del 17% per “lesioni alla caviglia sx con esiti dolenti al carico con deficit di movimenti TPA”.

Successivamente l’appellante, il 24.11.2008, denunciava la malattia professionale “spondiloartrosi lombare protusioni discali multiple da L2 a S1 ernie discali D12 -L1 L2 -L3 con conflitto radicolare”, e anche tale domanda veniva accolta solo in sede giudiziaria (Tribunale Velletri n. 1578/2012), con riconosci mento di un danno biologico dell’8%.

Infine, in data 3.8.2009 l’appellante ha patito un altro infortunio sul lavoro, riportando “lesione ginocchio sx menisco interno in preesistente alterazione del ginocchio”, valutata dall’Inail con un danno biologico del 4%.

La CTU svolta in primo grado ha confermato che il lavoratore è affetto da “ Esiti di trauma piede e caviglia sinistra con frattura calcaneare e lesione del legamento tibio -peroneale sinistra. Esiti di trauma ginocchio sinistro con lesione meniscale. Spondilo-disco artrosi lombare con protrusioni discali multiple, ernie discali D12 -L1, L2 -L3 “.

A fronte della domanda di aggravamento presentata  in data 10.3.2017, respinta dall’Inail, il CTU di prime cure, ha concluso affermando che “ non registra un aggravamento del quadro clinico che dal punto di vista funzionale è sovrapponibile a quello descritto nella CTU effettuata nel 2010 e nel 2012, su incarico del Tribunale di Velletri. D’altronde anche gli esami strumentali allegati nel fascicolo di parte attrice non documentano un sostanziale aggravamento degli esiti dei pregressi infortuni lavorativi “.

Ai rilievi critici del CTP del ricorrente, il CTU ha replicato che “ il caso del ricorrente negli anni ha subito numerose valutazioni in funzione, degli esiti conseguenti agli infortuni e malattie professionali di cui è portatore, tra cui anche due CTU, una nel 2010 ed un’altra nel 2012. In particolare poi la limitazione articolare del ginocchio è assai lieve e quella della caviglia è praticamente sovrapponibile alla precedente CTU, non avvisando quindi nessun aggravamento. Anche lo stesso CTP nella sua relazione allegata in atti richiede una aggravamento solo per una ipotetica “evoluzione peggiorativa strumentalmente rilevata”. Dallo studio delle immagini messe a confronto invece non si ravvisano aggravamenti legati agli infortuni di cui è causa quanto piuttosto involuzione legata all’età che comunque si ribadisce non determinano alcuna limitazione funzionale “.

Ebbene, la Corte d’Appello osserva che gli esiti della CTU sono da ritenersi condivisibili e non inficiati dalle argomentazioni del gravame, che non si confrontano adeguatamente in modo critico con le valutazioni Medico–legali condivise e fatte proprie dl primo Giudice.

Il CTU ha confermato le patologie di cui è affetto l’appellante e, in ordine all’involuzione del quadro clinico determinato dall’età, ha evidenziato come questo non determini alcuna “limitazione funzionale”, rispetto al quale il gravame non offre alcun elemento contrario né richiama puntualmente esiti di documentazione clinica idonei a smentirlo.

E’ generico e del tutto insufficiente limitarsi ad argomentare  che “la stessa documentazione consentiva, al momento tanto della CTU che della domanda di aggravamento, di considerare esistente e provata processi artrosici di natura posttraumatica”.

Il gravame si limita superficialmente a richiamare la relazione di CTP dell’appellante che riproduce quanto già osservato in contraddittorio con il CTU in primo grado.

Le osservazioni del CTP dell’appellante non tengono conto della risposta alle note critiche già ricevuta dal CTU nel primo giudizio e non forniscono elementi specifici e concreti idonei a scalfire le conclusioni del CTU.

Difatti, l’appellante si limita a concludere invocando più approfondito esame del caso, senza neppure indicare la puntuale misura dell’asserito aggravamento, da quali certificazioni questo emergerebbe e soprattutto non prende specifica posizione sull’affermazione per cui “Dallo studio delle immagini messe a confronto non si ravvisano aggravamenti legati agli infortuni di cui è causa quanto piuttosto involuzione legata all’età che comunque si ribadisce non determinano alcuna limitazione funzionale”.

Una nuova CTU, pertanto, sarebbe del tutto esplorativa, con la conseguenza che l’appello si presenta del tutto infondato e viene integralmente respinto dalla Corte.

L’appellante viene condannato al pagamento del raddoppio del contributo unificato.

Avv. Emanuela Foligno

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