I genitori di un bambino nato con una focomelia dell’arto superiore sx distale chiedono il risarcimento per i danni riportati dal figlio e per la mancata formulazione della diagnosi in fase prenatale.
Il caso
Nel 2004 nasceva presso l’ospedale di Altamura il bambino affetto da focomelia dell’arto superiore sinistro distale, mai in precedenza emersa dalle ecografie regolarmente eseguite dalla madre con cadenza mensile. Per tale ragione, la donna e il marito, nel 2006, citavano in giudizio la Asl di Bari per sentirla condannare al risarcimento del danno riportato dal figlio per la nascita indesiderata e da essi genitori per la mancata formulazione della diagnosi, con conseguente privazione della possibilità di optare per l’interruzione della gravidanza.
Il Tribunale di Bari rigetta la domanda. Esclude da un lato il diritto del minore a non nascere se non sano e dall’altro, in relazione alla posizione dei genitori, che fosse stata raggiunta la prova della volontà della donna di interrompere la gravidanza ove fosse stata adeguatamente informata.
Egualmente, la Corte di Appello pugliese ha confermato che non fossero provati né la volontà dei genitori, ove informati, di interrompere la gravidanza, né che dal tipo di patologia congenita presente nel bambino potesse derivare un pericolo per la salute psichica della donna.
Il ricorso in Cassazione
La madre propone ricorso in Cassazione nei confronti della ASL BA, di Generali Italia Spa, e di Unipolsai Assicurazioni Spa per la cassazione della sentenza n. 2124 del 2021 della Corte d’Appello di Bari. La donna evidenzia che la Corte d’Appello ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento del danno per privazione del diritto di scegliere l’interruzione volontaria della gravidanza, a causa del mancato raggiungimento della prova sulla volontà della partoriente, ove adeguatamente informata, di abortire. Senza considerare che nella originaria domanda doveva ritenersi compresa la domanda di risarcimento dei danni, in favore di entrambi i genitori, conseguenti alla compromissione del diritto di entrambi di essere informati delle malformazioni congenite che il bambino avrebbe presentato.
Lamenta non tenuta in considerazione la privazione del diritto a un’adeguata informazione sulle reali condizioni di salute del figlio, che avrebbe consentito ai genitori di prepararsi adeguatamente alla nascita di un bambino con menomazioni. Inoltre, deduce che il CTU aveva chiaramente affermato che “la malformazione (focomelia) riscontrata nel piccolo poteva emergere e pertanto essere correttamente diagnosticata attraverso l’esecuzione degli esami ecografici effettuati nel corso della gestazione.
Segnala anche che vi fu un inadempimento da parte dei sanitari che effettuarono le ecografie perché nella stesura del referto non si attennero a quanto raccomandato dalla SIEOG (Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica) nelle Linee guida del 2002, cioè non riportarono la lunghezza degli arti secondo le corrette metodiche di misurazione, adducendo che la visuale non era ottimale a causa dell’eccesso di peso della partoriente.
La CTU di secondo grado
Adduce che nel parere dello specialista del quale si è avvalso lo stesso CTU sarebbero indicati profili di responsabilità professionale per non avere evidenziato la mancanza di una porzione d’arto, che era percepibile con il tipo di strumento diagnostico utilizzato. La donna riferisce che lo specialista segnalerebbe che gli esami ecografici sono stati eseguiti in modo incompleto e approssimativo per la mancata visualizzazione della malformazione esistente e per la generale inadeguatezza della refertazione, il che ha comportato una inadeguata informazione alla paziente circa le reali condizioni del feto.
Sempre secondo la donna, i sanitari, con l’uso di una normale diligenza, avrebbero potuto rilevare in concreto o comunque avrebbero potuto sospettare la presenza di malformazioni fetali. Invece i giudici di merito si sono limitati a dire che sulla base del tipo di accertamenti effettuati, la malformazione del feto non sarebbe stata individuabile, arrivando a conclusioni opposte rispetto a quelle raggiunte dal CTU senza giustificare il discostamento da tali conclusioni e senza indicare nessun argomento idoneo a rendere comprensibile l’iter logico giuridico seguito.
Tutte le censure della donna vengono rigettate (Cassazione civile, sez. III, 08/07/2024, n.18628)
La donna non contesta efficacemente l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale la domanda da lesione del diritto ad una completa informazione, in via autonoma rispetto alla lesione del diritto ad interrompere la gravidanza in presenza dei presupposti di legge, non è mai stata proposta, né è stata proposta una domanda articolata, comprensiva anche del diritto al risarcimento del danno da lesione del diritto alla autodeterminazione, che la ricorrente in nessun modo richiama. Rimane quindi confermato che la domanda originaria dei genitori era soltanto volta ad ottenere il risarcimento del danno per non aver potuto interrompere la gravidanza.
Non può ragionevolmente ritenersi, afferma la S.C., che nella proposizione della domanda di risarcimento del danno per omessa informazione sulle condizioni del feto dalla quale sia derivata la preclusione dell’esercizio della scelta abortiva, in presenza delle condizioni di legge, sia implicitamente inclusa la domanda del risarcimento del danno ad una adeguata informazione.
Quando si lamenta la inadeguata informazione, il bene violato è la possibilità di maturare la consapevolezza sulle condizioni del nascituro, che consenta alla madre e al padre di prepararsi adeguatamente alla nascita di un bimbo con problemi di salute affrontandoli al meglio, vi è da presupporre che la scelta sia quella di portare avanti la gravidanza.
La S.C., inoltre, rammenta che nell’ipotesi di “doppia conforme”, il ricorso per cassazione è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.
Avv. Emanuela Foligno