Importante chiarimento della Cassazione sulla interpretazione dell’art. 37, comma 12, D.Lgs. n. 81/2008, che prescrive che la formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro deve avvenire “durante l’orario di lavoro” (Cass. civile, sez. lav., 10 maggio 2024 n. 12790).
Tale norma deve essere interpretata nel senso che la formazione sulla sicurezza è prestazione esigibili anche al di fuori dell’orario di lavoro ordinario, di legge o previsto dal contratto collettivo, per i lavoratori a tempo pieno e di quello concordato, per i lavoratori a tempo parziale.
Il caso
La pronuncia in commento riguarda il caso di un lavoratore che si era rifiutato di partecipare ad un corso di formazione sulla sicurezza del lavoro tenutosi al di fuori del proprio orario di lavoro.
Secondo la tesi del lavoratore, la sussistenza di un obbligo del datore di lavoro di impartire la formazione durante l’orario di lavoro, è da intendersi come coincidente con l’orario lavorativo strettamente inteso, anche per i lavoratori su turni.
In conseguenza di tale rifiuto, il datore di lavoro aveva sospeso il dipendente, collocandolo in aspettativa non retribuita, ritenendo irricevibile la prestazione in assenza di adeguata formazione sulla sicurezza.
La vicenda giudiziaria
La vicenda finisce in Tribunale ove il lavoratore censura l’aspettativa non retribuita, tuttavia i Giudici di Cagliari rigettavano le sue domande compresa quella di accertamento dell’obbligo del datore di lavoro di organizzare i corsi di formazione sulla sicurezza durante l’orario di lavoro e senza oneri economici per il lavoratore e la conseguente legittimità del suo rifiuto a partecipare a tali corsi calendarizzati fuori dal normale orario di lavoro, affermando l’obbligo dello stesso di effettuare la formazione, qualificando tale partecipazione come prestazione di lavoro straordinario.
Il lavoratore ha impugnato la sentenza di secondo grado per violazione dell’art. 5 D.Lgs. n. 66/2003 e dell’art. 37, comma 12, D.Lgs. n. 81/2008.
Il giudizio di rigetto della Cassazione
Innanzitutto viene richiamata la normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro che impone al datore di lavoro di organizzare i corsi di formazione e sicurezza dei dipendenti durante l’orario di lavoro e senza oneri economici per il lavoratore.
L’art. 37 del Decreto del 2008 impugnato dal lavoratore non prevede che la formazione del singolo dipendente avvenga durante il “suo” orario di lavoro.
Tale norma, che pone specificamente a carico del datore di lavoro l’obbligo di assicurare ai dipendenti una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, è controbilanciata dal dovere di collaborazione del dipendente, nel senso che quest’ultimo ha l’obbligo di partecipare al corso di formazione che si tenga in orario non corrispondente a quello ordinario.
Secondo l‘art. 1, comma 2, L. n. 66/2003, l’orario di lavoro è qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni: è una definizione molto ampia, che comprende anche l’attività prestata oltre l’orario normale di lavoro.
Ciò posto, la Suprema Corte afferma:
“sussiste un dovere di collaborazione del lavoratore anche in materia di sicurezza, di tal ché il rifiuto di frequentare il corso di formazione costituisce condotta che viola il dovere di partecipazione ai programmi di formazione e addestramento dettato dall’art. 20 d.lgs. n. 81/200”.
Da ciò deriva che “la messa in aspettativa d’ufficio fino all’effettiva partecipazione al corso deve essere qualificata come misura di sicurezza per l’incolumità del lavoratore stesso, come impedimento all’utilizzo delle sue prestazioni nonché come potenziale fonte di responsabilità del datore di lavoro nei confronti del dipendente non formato”.
Avv. Emanuela Foligno