Furto, quando si configura l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede?

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Respinto il ricorso volto a far riconoscere l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede in relazione al furto da parte di una donna di alcuni generi alimentari in un esercizio commerciale

Una confezione di burro e quattro di prosciutto cotto. Per la sottrazione indebita di questi prodotti da un supermercato una donna finiva a giudizio per furto aggravato ma il Tribunale dichiarava il non doversi procedere ritenendo il reato estinto per intervenuta condotta riparatoria.

Contro tale pronuncia ricorreva per cassazione il Pubblico ministero lamentando che il Giudice avesse escluso le aggravanti della destrezza e dell’esposizione a pubblica fede sottolineando come quest’ultima venga ricollegata dalla giurisprudenza di legittimità alle merci esposte nei supermercati benché dotate di dispositivi antitaccheggio. A suo giudizio non era invece conferente la motivazione utilizzata dal giudice riferita al carattere di continua e diretta sorveglianza dei beni presenti nell’esercizio commerciale.

La Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza n. 11921/2020, ha ritenuto il ricorso genericamente proposto e manifestamente infondato.

I Giudici Ermellini hanno infatti evidenziato come il Pm non avesse tenuto conto della motivazione impugnata che faceva espresso riferimento al fatto che all’interno de supermercato, in base agli atti, risultava attiva una continua e diretta sorveglianza, il che escludeva la sussistenza dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede.

La Cassazione ha quindi affermato il principio secondo cui, in tema di furto, l’aggravante dell’esposizione delle cose a pubblica fede non è configurabile in presenza di condizioni, da valutarsi in concreto caso per caso, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci nell’impedire la sottrazione della res, ostacolandone quella facilità di raggiungimento che è caratteristica tipica della ratio della disposizione di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., con cui non si intende tutelare qualsiasi condizione di fatto di detenzione di un bene in luoghi pubblici o privati esposti al pubblico. Da li la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La redazione giuridica

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